• 8 marzo: una giornata di Lotta e di Azione

    L’8 marzo è la Giornata Internazionale dei Diritti delle Donne, chiamata a volte Festa della Donna con tutto ciò che ne consegue per il nostro immaginario (festa = divertimento, festa della donna e allora quella degli uomini quando è? festa della donna = festa della mamma = festa del papà = san Valentino… ) Mi sembra giusto quindi raccontarvi oggi di Clara Zetkin, teorica marxista e politica tedesca, attivista per i diritti delle donne, che è stata l’organizzatrice delle Prima Giornata Internazionale delle Donne il 19 marzo 1911.

    Durante la Conferenza Internazionale delle Donne Socialiste di Copenaghen (agosto 1910) Clara Zetkin insieme a Luise Sietz, propone l’istituzione ufficiale di un giorno nel quale celebrare le battaglie femminili del passato e protestare per i diritti ancora da conquistare. Inoltre durante la prima guerra mondiale organizzò una conferenza internazionale delle donne socialiste contro la guerra a Berlino. A causa di questa sua posizione pacifista fu arrestata diverse volte durante la grande guerra.

    Clara Zetkin


    Clara scriveva “Tutte le donne, qualunque sia la loro posizione, dovrebbero esigere l’uguaglianza politica come mezzo per una vita più libera”. Secondo voi è importante avere una data in cui le donne possano scendere in piazza ed ottenere visibilità, rivendicando il diritto alla propria emancipazione e autodeterminazione, ancora oggi?

    In italiano l’8 marzo prende piede soprattutto a partire dal secondo dopoguerra e attraverso un fiore simbolo: la mimosa. Forse non tutte (e tutti) sappiamo che la scelta della mimosa come fiore simbolo si deve a Teresa Mattei, partigiana e politica, la più giovane donna a essere eletta nell’Assemblea Costituente. Alla scelta di Luigi Longo, segretario del PCI, di usare le violette come in Francia, Teresa Mattei insieme a Rita Montagnana e Teresa Noce, propone l’uso delle mimose: un fiore più povero e diffuso nelle campagne. «quando nel giorno della festa della donna vedo le ragazze con un mazzolino di mimosa penso che tutto il nostro impegno non è stato vano».

    Teresa Mattei con un mazzo di mimose


    Ma Teresa non ha “solo” inventato il simbolo dell’8 marzo in Italia, ha partecipato attivamente alla redazione della Costituzione, ad esempio dell’art.3 sull’uguaglianza dei cittadini e delle cittadine. “È nostro convincimento, che, confortato da un attento esame storico, può divenire certezza, che nessuno sviluppo democratico, nessun progresso sostanziale si produce nella vita di un popolo se esso non sia accompagnato da una piena emancipazione femminile; e per emancipazione noi non intendiamo già solamente togliere barriere al libero sviluppo di singole personalità femminili, ma intendiamo un effettivo progresso e una concreta liberazione per tutte le masse femminili e non solamente nel campo giuridico, ma non meno ancora nella vita economica, sociale e politica del Paese.”

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  • Freya Stark, viaggiatrice instancabile

    In provincia di Treviso c’è il piccolo borgo di Asolo, città dai mille orizzonti, che nella propria autonarrazione si definisce spesso come città delle donne. Perché? Perché ci hanno abitato donne famose che possiamo conoscere visitando il Museo di Asolo: Caterina Cornaro, Regina di Cipro, l’attrice teatrale Eleonora Duse e la viaggiatrice Freya Stark (Parigi, 31 gennaio 1893 – Treviso, 9 maggio 1993).

    Freya Stark

    «Non so dire cosa sia diventata Asolo e la mia casa. Non posso che credere che lì aleggi una sorta di gentilezza, una qualche essenza di vita che rende felici. Asolo è come una culla e io sono felice di starci dentro seguendo il dondolio del mondo» (Freya Stark)

    Il desiderio di viaggiare e il fascino per l’Oriente nascono in Freya Stark dopo aver ricevuto in regalo Le Mille e una Notte per il suo nono compleanno. In seguito studierà arabo e persiano all’Università di Londra. Nel 1928 Freya Stark si imbarca su una nave per Beirut iniziando i suoi viaggi in Oriente e viaggiando per tutta la vita in Libano, Iraq, Iran, Arabia, Turchia e Afghanistan. Nel 1933 riceve il premio della Royal Geographical Society per aver tracciato nuove vie in luoghi inesplorati nel deserto dell’Iran occidentale. Durante la seconda guerra mondiale lavora per il Ministero dell’Informazione britannico creando la rete Ikhwan al Hurriya (Confraternita della Libertà) mirata a persuadere gli arabi a sostenere gli Alleati o almeno alla neutralità. Alle varie spedizioni Freya Stark ha unito l’attività di scrittura lasciandoci molti libri dei suoi viaggi in Medio Oriente e alcune autobiografie.

    Il libro dedicato ai viaggi in Iraq e Kuwait

    «Se mi si chiedesse di elencare i piaceri del viaggio, direi che questo è uno dei più importanti: che così spesso ed inaspettatamente si incontra il meglio della natura umana, e vederlo così, di sorpresa e spesso in situazioni talmente improbabili, si arriva, con un piacevole senso di gratitudine, a realizzare quanto ampiamente siano sparse nel mondo la bontà e la cortesia e l’amore per le cose immateriali, che fioriscono in ogni clima, su qualsiasi terreno.» (Freya Stark, La valle degli assassini)

    «Viaggiare significa ignorare i fastidi esterni e lasciarsi andare interamente all’esperienza, fondersi con tutto quello che ci circonda, accettare tutto quello che succede e così, in questo modo, fare finalmente parte del paese che si attraversa. È questo il momento in cui si avverte che la ricompensa sta arrivando». (Freya Stark)

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  • Adele Bei, la prima senatrice della Repubblica Italiana

    Sono passati pochi giorni dall’1 maggio, Festa del Lavoro come viene chiamata oggi, ma anche giornata per fare il punto sulle questioni lavorative. E allora voglio ricordare la sindacalista e politica Adele Bei (4 maggio 1904 – 15 ottobre 1976). Adele si iscrive al PCI nel 1925, riparata in Francia è arrestata nel 1933 durante uno dei rientri clandestini in Italia e condannata dal Tribunale speciale a 18 anni di reclusione ne sconta dieci nel carcere femminile di Perugia. Durante il processo i giudici fascisti per convincerla a denunciare i compagni cercarono di speculare sui suoi sentimenti di madre, ricordandole i figli rimasti in Francia. La risposta di Adele fu molto determinata: “non pensate alla mia famiglia, qualcuno provvederà; pensate invece ai milioni di bambini che, per colpa vostra, stanno soffrendo la fame in Italia”.

    Adele Bei all’Assemblea Costituente

    Nel 1943 entra nella Resistenza romana col compito di organizzare le masse femminili e i giovani e con compiti di collegamento con la formazione che operava sui monti della Tolfa. Dopo la Liberazione sarà l’unica donna a far parte della Consulta nazionale su designazione della Cgil di cui è una delle responsabili della Commissione femminile nazionale. Eletta all’Assemblea costituente nelle liste del PCI, nella I legislatura è senatrice di diritto per meriti antifascisti (unica donna).

    Deputata comunista nelle Marche fino al 1963, si è sempre occupata dei problemi delle lavoratrici. Nel 1951 diventa la responsabile del Sindacato nazionale tabacchine, e successivamente segretaria generale. Sarà anche presidente dell’Associazione nazionale delle donne contadine.



    Quando con il decreto governativo del 4 agosto 1945 vengono licenziate 4.000 avventizie delle Ferrovie dello Stato per far posto ai reduci Adele Bei si mette a capo della protesta delle lavoratrici, e il licenziamento viene ritirato, anche se per i reduci sono riservati per il biennio successivo il 50% delle assunzioni private e pubbliche, penalizzando quindi le donne. E durante il Congresso della CGIL alla presentazione della Carta delle lavoratrici che impegna la Camera del Lavoro a difendere il diritto al lavoro delle donne, controllare che fossero abolite le discriminazioni nei concorsi, tutelare le fasce deboli del mercato del lavoro e affermare il principio “ a lavoro uguale, uguale retribuzione” Adele Bei rimprovera a Giuseppe Di Vittorio di aver omesso, nella relazione introduttiva, il “problema femminile”. Dice di essere la portavoce di 5 milioni di lavoratrici che le hanno dato il mandato di rappresentarle e insiste sull’unità sindacale come unità tra uomini e donne: “abbiamo ancora troppe poche donne interessate alla vita sindacale e negli organismi dirigenti sindacali. Abbiamo soprattutto troppa incomprensione in mezzo alla massa dei lavoratori che dovrebbero essere il sostegno di queste donne lavoratrici sfruttate e oppresse”.

    Adele Bei fu molto attenta anche all’uso di un linguaggio non sessista: si definiva senatrice e parlava delle tabacchine come “lavoratrici” e non usando il generico e consueto “lavoratori”. Una decina di anni dopo la morte di Adele, nel 1987 il gruppo di studio guidato da Alma Sabatini scrisse le Raccomandazioni per un Uso Non Sessista della Lingua Italiana. Nella premessa si legge “L’uso di un termine anziché di un altro comporta una modificazione nel pensiero e nell’atteggiamento di chi lo pronuncia e dunque di chi lo ascolta. La parola è una materializzazione, un’azione vera e propria. È altrettanto chiaro che il valore semantico è strettamente legato al contesto linguistico ed extralinguistico in rapporto dinamico”. Adele Bei è stata un’anticipatrice di queste riflessioni molto attuali ancora oggi.

    Alma Sabatini, Il sessismo nella lingua italiana (1987)
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  • Sojourner Truth e l’abolizione della schiavitù negli Stati Uniti

    Il 2 dicembre di ogni anno si celebra la Giornata internazionale per l’abolizione della schiavitù. La data è stata scelta per ricordare il 2 dicembre 1949, data di approvazione da parte dell’Assemblea generale dell’ONU per la repressione del traffico di persone e dello sfruttamento della prostituzione altrui. Voglio quindi raccontare di una donna che ha fatto molto per l’abolizione della schiavitù negli Stati Uniti e che però è poco conosciuta a livello internazionale: Sojourner Truth.

    Sojourner nacque schiava e allora si chiamava Isabella Bomfree. Dopo la morte del primo padrone, fu venduta quattro volte e sottoposta a duro lavoro fisico, stupri e punizioni violente. Ancora adolescente venne fatta sposare con un altro schiavo, molto più anziano di lei, da cui ebbe 5 figli. Nel 1827, un anno prima della abolizione della schiavitù per lo stato di New York, Sojourner prende la figlia Sophia e scappa da una famiglia abolizionista che la riscatta per 20 dollari. Come donna libera diventa un’oratrice e cambia appunto il suo nome in Sojourner Truth (la verità di Sojourner).

    Sojourner Truth

    Come predicatrice itinerante incontra diversi abolizionisti e attiviste per i diritti delle donne, tra cui Elizabeth Cady Stanton e Susan B. Anthony, abbracciandone gli obiettivi.
    Nel 1851, Sojourner inizia un tour di conferenze che includeva dei passaggi sui diritti delle donne e ad Akron, in Ohio, tiene il il famoso discorso “Ain’t I a Woman?” (Non sono forse una donna?) nel quale sfida gli stereotipi prevalenti di inferiorità e disuguaglianza razziale e di genere.

    Sojourner Truth, Ain’t I A Woman?

    Quell’uomo laggiù dice che una donna ha bisogno di essere aiutata a salire in carrozza e sollevata attraverso i fossi e ha bisogno di avere ovunque il posto migliore.
    Nessuno mi ha mai aiutata a salire in carrozza o ad attraversare pozzanghere di fango o mai mi ha dato un posto migliore…
    E non sono io forse una donna?
    Guardami! Guarda il mio braccio!
    Ha arato e seminato e riempito i granai e nessun uomo poteva tenermi testa…
    E non sono io forse una donna?
    Potevo lavorare tanto e mangiare quanto un uomo quando riuscivo a mangiare e sopportare anche la frusta.
    E non sono io forse una donna?
    Ho fatto nascere 13 figli e li ho visti venduti quasi tutti come schiavi e quando ho gridato il dolore di una madre
    nessuno mi ha ascoltato se non Gesù…
    E non son io forse una donna?
    Quell’ometto vestito di nero dice che
    una donna non può avere gli stessi diritti di un uomo perché Cristo non era una donna.
    Da dove è arrivato il tuo Cristo? Da Dio e una donna!
    L’uomo non ha avuto nulla a che fare con lui!
    Se la prima donna che Dio ha creato
    è stata forte abbastanza da capovolgere il mondo tutta sola, insieme le donne dovrebbero essere capaci di rivoltarlo ancora dalla parte giusta.

    Parte del discorso di Sojourner Truth

    Sojourner parla ripetutamente in pubblico di abolizione della schiavitù, dei diritti delle donne, di riforma del sistema carcerario e si appella al parlamento del Michigan per l’abolizione della pena di morte. Nel frattempo aiuta gli schiavi a fuggire verso la libertà e quando inizia la guerra civile americana, esorta i giovani afroamericani a unirsi alla causa dell’Unione organizzando le forniture per le truppe.

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  • Alessandrina Ravizza, patronessa socialista

    Uno dei campi della società nei quali le donne sono sempre state presenti è quello legato al welfare state. Anzi per certi versi sono proprio loro a sostenerlo ancora oggi (insieme alle persone in pensione, cosiddette fuoriuscite dal sistema produttivo). In una visione sessista e patriarcale della società agli uomini spetta il lavoro di produzione (remunerato, sottoposto a orari e tutele) alle donne il lavoro di cura (gratuito, senza orario e tutele).

    Tuttavia, il lavoro di cura può essere una via per l’emancipazione femminile. E sono molti gli esempi nella Storia che possono esserci di ispirazione. Dopo l’Unità d’Italia uno dei profili più interessanti per quanto riguarda la filantropia e l’istituzione di luoghi per emarginati/poveri/donne è Alessandrina Ravizza (1846-1915) che dedica la propria vita alla creazione di numerose iniziative riformiste e vari istituti pionieristici nel campo dell’assistenza: la Scuola professionale femminile, a fianco di Laura Solera Mantegazza, di cui diventerà presidente. In cinque anni Alessandrina Ravizza portò la “scuoletta” a diventare un’impresa modello che da sette allieve passò a averne 170. Le ragazze ricevevano una buona qualificazione che permetteva loro di trovare facilmente un lavoro, imparavano infatti materie non insegnate in altri istituti, come computisteria, merceologia, disegno industriale.

    Alessandrina Ravizza

    Partecipa inoltre alla creazione della Scuola laboratorio per adulti e bambini sifilitici al Protettorato per adolescenti, della Cucina per ammalati poveri, del Magazzino cooperativo benefico e dell’Ambulatorio medico gratuito, che offriva anche assistenza ginecologica alle donne più povere, nel quale prestarono la loro collaborazione le prime mediche Emma Modena e la più famosa Anna Kuliscioff che era stata rifiutata dall’Ospedale Maggiore perché donna.

    “Essendo vecchia e proprio giunta ai piedi del… muro, considero questo scritto che raccoglie fatti veri, vissuti, dolori infiniti, schianti inauditi…come una specie di testamento morale. Non sono una scrittrice, ho lo stile più cosacco che italiano. Ma credo che chi non sia del tutto scettico, se fermerà la sua attenzione sull’epistolario che ho raccolto, potrà accettare il lavoro così com’è e pensare quanto sia la fiumana della sventura, come povera, quanto nulla sia la previdenza sociale. Sono giunta al punto in cui non mi occorrono lodi; ma sento sempre più vivamente la sete d’imparare e di comprendere ciò che vedo. Alla Casa di Lavoro ho visto  tanto e ho tanto imparato. In essa ho cercato più di agire che di parlare… […] Sono viandanti della sfortuna che giungono alla Casa di Lavoro, si fermano, poi si rincamminano per la propria via; e pur troppo questa conduce spesso all’ospedale, al manicomio, all’ergastolo” (Alessandrina Ravizza, Sette anni di vita della casa di Lavoro – memorie indedite, coop. Tipografia degli operai – Milano via Spartaco 6 – pubblicate per cura della Società Umanitaria).

    Partecipa inoltre alla creazione della Scuola laboratorio per adulti e bambini sifilitici al Protettorato per adolescenti, della Cucina per Malati poveri, del Magazzino cooperativo benefico e dell’Ambulatorio medico gratuito, che offriva anche assistenza ginecologica alle donne più povere, nel quale prestarono la loro collaborazione le prime mediche Emma Modena e la più famosa Anna Kuliscioff che era stata rifiutata dall’Ospedale Maggiore perché donna.

    La Cucina per Malati Poveri
    Alessandrina Ravizza con i suoi studenti

    Alessandrina Ravizza aderisce inoltre alla Lega femminile milanese e poi alla Società pro suffragio, che si batteva per il voto alle donne. Con Ersilia Majno è stata tra le organizzatrici dell’Unione Femminile Nazionale, collaborando anche al periodico dell’associazione “Unione femminile”.

    Successivamente è tra le promotrici dell’Università popolare per un sapere universale e dirigente del primo ufficio di collocamento, la Casa di lavoro per disoccupati della Società Umanitaria sempre per raggiungere i propri ideali: l’armonia tra le nazioni, la giustizia sociale, il rinnovamento delle coscienze, la solidarietà e il rispetto tra gli individui.

    Se volete conoscere di più su Alessandrina Ravizza ecco il libro che fa per voi, leggete La signora dei disperati, a cura di Giuliana Nuvoli e Claudio A. Colombo

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  • Monopoly: abbiamo bisogno della versione in cui le donne sono privilegiate?

    La Hasbro, società statunitense che produce giochi e giocattoli, ha creato Ms.Monopoly, il Monopoly dove le donne guadagnano più degli uomini. E allora mi è venuta voglia di fare un post sull’inventrice del Monopoly, Elizabeth Magie.

    Elizabeth Magie che nella propria vita fu scrittrice di racconti brevi e di poesie, comica, attrice di scena, femminista, ingegnera e giornalista, nel 1904 crea quello che è riconosciuto come il precursore del Monopoly, The Landlord’s Game.

    Elizabeth Magie con il suo Monopoly

    Elizabeth Magie crea il gioco per sostenere le idee economiche dell’economista statunitense Henry George (il cosiddetto georgismo) con l’obiettivo di dimostrare come gli affitti arricchiscono i proprietari e impoveriscono gli inquilini. Elizabeth sapeva che alcune persone potevano avere difficoltà a capire perché questo accadesse e cosa si potesse fare, e pensava che se le idee georgiane fossero state messe nella forma concreta di un gioco, avrebbero potuto essere più facili da dimostrare. Sperava anche che il gioco, se giocato da bambini e bambine, avrebbe suscitato il loro naturale sospetto di ingiustizia, e che avrebbero potuto portare questa consapevolezza in età adulta. Il Monopoli nasce quindi come strumento didattico per insegnare la sua teoria dell’imposta unica.

    Il set aveva regole per due giochi diversi, anti-monopolista e monopolista. Le regole anti-monopolistiche ricompensavano giocatori e giocatrici durante la produzione di ricchezza, mentre le regole monopolistiche avevano lo scopo di formare monopoli e costringere chi non riusciva a pagare soggiorni e tasse a uscire dal gioco. La seconda versione è quella che si è affermata nel tempo e ha contribuito a creare il Monopoli per come lo conosciamo oggi.

    Il tabellone creato da Elizabeth Magie

    Le quattro caselle d’angolo identificavano il punto di partenza (Mother Earth), dove si otteneva anche del denaro a ogni passaggio, la prigione (Jail), il Parco Pubblico, e la casella Vai in Prigione. Al centro di ogni lato è presente una casella che indica una ferrovia.

    Mi chiedo – e vi chiedo – se non sia più interessante recuperare il gioco originario e con esso le idee di giustizia sociale della sua inventrice invece di creare “per gioco” delle discriminazioni, questa volta a vantaggio delle donne. Della nuova versione mi piace l’idea che dia risalto alle inventrici e che abbia portato concretamente al sostegno di progetti di giovani donne, ma l’idea che ci siano dei privilegi legati alla biologia non riesco a condividerla (neppure per gioco).

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  • Clara Zetkin e la nascita della Giornata Internazionale delle Donne

    La Giornata Internazionale dei Diritti delle Donne, chiamata a volte Festa della Donna con tutto ciò che ne consegue per il nostro immaginario (festa = divertimento, festa della donna e allora quella degli uomini quando è? festa della donna = festa della mamma = festa del papà = san Valentino… ) è avvolta, come tutta una serie di date ormai simbolo, da leggende e invenzioni che si ripropongono l’8 marzo di ogni anno.

    L’organizzatrice delle Prima Giornata Internazionale delle Donne, il 19 marzo 1911, è stata Clara Zetkin, teorica marxista e politica tedesca, attivista per i diritti delle donne. Durante la Conferenza Internazionale delle Donne Socialiste di Copenaghen (agosto 1910) Clara Zetkin insieme a Luise Sietz, propone l’istituzione ufficiale di un giorno nel quale celebrare le battaglie femminili del passato e protestare per i diritti ancora da conquistare. Non una festa quindi ma un giorno di lotta.

    Clara Zetkin è stata anche una convinta pacifista. Durante la prima guerra mondiale organizzò una conferenza internazionale delle donne socialiste contro la guerra a Berlino. E a causa di questa sua posizione pacifista fu arrestata diverse volte durante la Grande Guerra.



    Clara scriveva “Tutte le donne, qualunque sia la loro posizione, dovrebbero esigere l’uguaglianza politica come mezzo per una vita più libera”. Secondo voi è importante avere una data in cui le donne possano scendere in piazza ed ottenere visibilità, rivendicando il diritto alla propria emancipazione e autodeterminazione, ancora oggi?

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  • Maternità nell’Arte

    Per la Festa della Mamma (ma non solo) ho pensato di condividere con voi alcuni quadri relativi alla maternità.

    Perché lo faccio? Perché le scene di genere, le scene di vita quotidiana, sono uno dei soggetti preferiti dalle donne nell’arte – d’altronde per molti secoli le donne non hanno potuto accedere a una formazione accademica e quindi dipingevano ciò che vedevano quotidianamente – eppure oggi si preferisce citare un artista famoso anche in occasione di questa festa che celebra un aspetto della vita femminile.

    Ecco quindi una carrellata di quadri dedicati alla maternità realizzati da Artiste

    Elizabeth Jane Gardner (pittrice statunitense, 1837-1922)

    Maternity 


    Olga Boznanska (pittrice polacca)

    Maternity

    Paula Modersohn Becker (pittrice espressionista tedesca, 1876-1907)

    Mädchen mit Kleinkinde (1902) 

    Elizabeth Nourse (pittrice statunitense, 1859-1938)

    A mother and a baby

    Zinaida Serebrjakova (pittrice russa, 1884-1967)


    Mother and daughter (1928)

    Mela Muter (pittrice polacca, 1876-1967)

    Macierzyństwo

    Bertha Wegmann (pittrice danese, 1847-1926)


    Young Mother with her Child in the Garden 

    Jessie Willcox Smith (illustratrice statunitense, 1863-1935)

    Bed Time

    Frances Hodgkins (pittrice neozelandese, 1869-1947)


    Mother and Child

    Tamara de Lemhpicka (pittrice Art Dèco polacca, 1898-1980) 

    Maternité

    Louise Bourgeois (scultrice e artista francese, 1911-2010) 

    Maman

    Artemisia Gentileschi (pittrice italiana, 1593-1654)

    Nascita di San Giovanni Battista (1635)

    Dorothea Tanning (pittrice surrealista statunitense, 1910-2012)

    Maternity (1946)

    Mary Cassatt (pittrice impressionista statunitense, 1844-1926)

    The Child’s Bath

    Berthe Morisot (pittrice impressionista francese, 1841-1895)

    La culla
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  • Calendario Ginergico

    In questi mesi ho pensato a un progetto che possa aiutare a recuperare la storia delle donne attraverso uno strumento di uso quotidiano, un rito di lettura che ci ricordi (e ricordi anche agli uomini) chi sono le nostre Antenate. E che ci sproni a usare quel Coraggio Oltraggioso che ci fa Nominare il Patriarcato e un sistema di vita Oppressivo e Letale. 
    Voglio condividere con voi il Calendario Ginergico 2017
    Ossia il Calendario dove ogni giorno c’è almeno una donna che ha fatto la Storia
    Una breve spiegazione del progetto. 
    Il Calendario Ginergico è un calendario nel quale ogni giorno corrisponde al giorno di nascita di almeno una donna importante. Il calendario nasce dalla mancanza di conoscenza dei nomi di donne significative nella vita pubblica e nei più svariati campi del sapere umano. Ciò che accomuna queste donne è il rifiuto del ruolo attribuito dal patriarcato al genere femminile. Si tratta di donne che hanno ri-definito e re-interpretato il proprio stare al mondo, ma l’impostazione misogina di molti studi storici ha cancellato, occultato e/o ridimensionato la loro presenza. Oggi, tranne alcune fortunate eccezioni, questi nomi sono troppo spesso confinati in studi specifici ed elitari. 
    Il Calendario Ginergico è stato creato con l’obiettivo di diffondere conoscenze di storia delle donne attraverso uno strumento di uso quotidiano. Il rito giornaliero della lettura di questi oltre 900 nomi – unitamente a qualche breve informazione biografica – tesserà un filo tra le donne contemporanee e le generazioni precedenti rafforzando e consolidando l’emancipazione femminile
    Al centro del Calendario Ginergico sta l’energia femminile, la ginergia appunto. Ginergia intesa come strumento di ispirazione e fonte di impoteramento. Il pensiero e le azioni delle donne presenti sul calendario possono offrire modelli altri per la nostra visione della società e possono essere uno strumento di ispirazione per lo stare al mondo delle donne d’oggi. 
    Il Calendario Ginergico vuole aiutare le donne a riscoprire la propria genealogia e a trovare un nuovo radicamento proponendo esempi di ispirazione oltre i ruoli che il patriarcato da millenni vorrebbe attribuire alle donne.      
    Come ho detto in un’intervista *mi sono presa il diritto di pensare e comporre un calendario in cui restituire alle donne presenza, continuità, azione, vitalità, sapienza e indipendenza nella vita pubblica* e spero che questo diritto se lo prendano tante persone!!! 
    Accanto al titolo è stato scelto di inserire il simbolo della doppia ascia minoica (Labrys), mutazione dell’antico simbolo della farfalla, emblema della trasformazione e dell’autonomia temporale e spirituale femminile. 
    per maggiori info:
    qui sotto o
    http://tempiodelladea.org/libri/
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