Né puttana né madonna solo donna (siamo sempre qui!!!)
Ho voglia di scrivere sulla puntata
odierna di Beautiful. Iniziamo l’anno 2013 in questo modo, parlando
di valori, puritanesimo e (non) educazione sessuale nell’american way
of life che tanto piace in Italia. Riassumo per chi non sappia a che
punto siamo con la storia: Liam ha divorziato da Steffy e sta con
Hope. Steffy l’ha sedotto, Hope vuole mantenere la verginità fino al
matrimonio per una serie di valori: valori morali (lei crede
fermamente che dovrebbe essere di un solo uomo) e valori economici
(la campagna della sua collezione alla Forrester creation è
incentrata sui valori morali della purezza e della verginità).
Steffy non vuole firmare l’annullamento e la procedura del divorzio
farà slittare il matrimonio di Hope e Liam di sei mesi. Slitterà
anche la consumazione del matrimonio. Hope è dibattuta tra il
mantenere la promessa e il concedersi al futuro sposo. Oggi ne parla
con Brooke sua madre, che negli anni ha collezionato vari matrimoni e
varie storie. Liam parla con il padre, Bill Spencer. Questi dialoghi
che presuppongono ad una positiva apertura del rapporto genitori
figli – sempre però badando alla regola dell’appartenenza
sessuale: padre-figlio, madre-figlia – ci riporta agli stessi
stereotipi, che riguardano soprattutto le donne. Dalla puntata di
oggi si è imparato che:-
una donna o è puttana o è
madonna (ancora nel 2013) -
una donna o è puttana o è
madonna fin dalla nascita e così è e ci rimarrà per tutta la vita -
una donna se si concede (notare
l’utilizzo del termine), lo fa per tenersi un uomo quindi i valori
vanno bene solo se non disturbano quelli dell’uomo con cui sta -
se non gliela dai tu ci sarà
sempre un’altra donna pronta a dargliela, quindi si fa la gara a chi
arriva prima -
l’uomo è vincolato ai suoi
istinti più bassi (il sesso non può essere un valore positivo, che
innalza) solo perché è un uomo -
la donna “santa” non può
cambiare idea, perché ci sono tante altre donne che credono in lei -
la donna “puttana” non può
conoscere la sorellanza e l’amicizia femminile
Questo determinismo biologico mischiato
alle ideologie puritane più estreme fa sì che chi guarda le soap
opera rimanga ingabbiata (ma vale anche per gli uomini) in questa
dicotomia tra santa e puttana che è costruita culturalmente nella
storia occidentale e che ancora oggi ha potere sulle scelte di vita
di tante donne. Ma soprattutto in questo scegliere tra gliela do o
non gliela do viene escluso il piacere femminile. Come se l’atto
sessuale sia ridotto a una concessione che si fa all’uomo per non
farlo scappare dall’altra e non sia un’affermazione, una ricerca e
una delle possibilità per esprimere il proprio piacere. Ed è
incredibile che si stia – nei vari blog – con o contro Hope e
Steffy, che altro non sono che due personaggi che incarnano due tipi
di donne, e non contro una narrazione così sterile (termine scelto
apposta) del piacere femminile. Per il 2013 auguro a tutte le donne
di rivendicare il proprio piacere – a letto e fuori dal letto –
senza declinarlo in alcun modo in narrazioni che non ci appartengono.
Di prenderci del tempo per guardarci dentro, esplorarci, trovare i
nostri desideri e realizzarli.-
educazione relazionale o “il piacere è mio e me lo voglio gestire io”
Lo scorso weekend sono
stata a Livorno per la seconda edizione del feminist blog camp. Gli
incontri dei tre giorni mi hanno aperto ancora di più gli occhi
sulla potenzialità del web e dei blog, mi hanno fatto conoscere
nuovi orizzonti (come l’antispecismo) e soprattutto incontrare alcuni
uomini che lavorano su loro stessi e con altri (uomini e donne) per
una società non sessista. Uomini che riconoscono come l’oppressione
femminile sia da rimuovere per una società più libera e felice,
dove tutti e tutte si possano esprime liberamente.Per ora rimane
un’intuizione da sviluppare, ma mi riprometto di lavorare sul piacere
e sulle relazioni. Sempre più spesso ritorna l’idea di introdurre
l’educazione sessuale nelle scuole. Ho tuttavia l’impressione che con
educazione sessuale ci si fermi ai metodi contraccettivi, alle
malattie sessualmente trasmissibili, forse a discorsi
sull’interruzione volontaria di gravidanza. Che sono importanti, ma
non inclusivi (soprattutto per il genere maschile).Preferirei, quindi,
parlare di educazione relazionale. Perché se è vero che fin
dall’infanzia veniamo educati ed educate ai ruoli (vedi Dalla parte
delle bambine di Elena Gianini Belotti) è altrettanto vero che
un’educazione relazionale attenta al rispetto dei generi può essere
di grande aiuto nel costruire relazioni soddisfacenti per entrambi.A questo proposito voglio riportare
alcune righe di un volantino che ho trovato a Livorno.“Il responsabile della
oppressione delle donne e delle violenze sessuali che subiscono non è
l’esistenza della libido maschile ma proprio la legittimazione che dà
la società alla sua espressione. Esiste l’approccio comune che il
maschio possiede un desiderio innato troppo forte, simile alle altre
esigenze corporee come mangiare e bere. Questo approccio vede il
desiderio maschile come attivo. A differenza del desiderio femminile,
che va percepito come debole e passivo. Secondo questo approccio,
visto che gli uomini hanno un desiderio sessuale forte che “deve
essere soddisfatto”, è solo naturale (e quindi anche legittimo)
che lo esprimano e cerchino di sfogarsi, anche se questo significa
fare del male alle donne – dopo tutto non si può fermare un
bisogno del corpo. Da questo derivano fenomeni sociali come
l’oggettificazione delle donne, molestie sessuali, la voglia di
possedere molte donne, il consumo di sesso e/o pornografia, ecc…”Non è molto più
gratificante abbandonare l’opposizione tra desiderio attivo maschile
e desiderio passivo femminile per dare vita a relazioni basate sul
rispetto delle due persone come soggetti? Soggetti che hanno desideri
differenti e che li giocano insieme attivamente nel loro rapporto?