Pace non significa “solo” assenza di guerra
Su Jane Addams davvero si è scritto troppo poco.
Questo è un suo pensiero sulla questione guerra – pace:*Per Pace non si intende semplicemente assenza di guerra, ma il dispiegamento di tutta una serie di processi costruttivi e vitali che si rivolgono alla realizzazione di uno sviluppo comune. La Pace non è semplicemente qualcosa su cui tenere congressi e su cui discutere come se fosse un dogma astratto. Essa assomiglia piuttosto ad una marea portatrice di sentimenti morali che sta emergendo sempre di più e che piano piano inghiottirà tutta la superbia della conquista e renderà la guerra impossibile.*
Jane Addams aveva il sogno di un mondo unito, un mondo nel quale tutte le persone potevano portare il loro contributo, esprimere il proprio talento, avere voce in capitolo.
Io credo che questo sogno rivive ogni volta che noi facciamo qualcosa, compiamo un’azione, realizziamo un nostro desiderio, andando al di là delle convenzioni sociali e di ciò che ci dicono essere giusto o sbagliato. Al di là delle grandi potenze, dei grandi uomini, c’è la libertà di autodeterminazione!Dove stanno andando a finire i diritti umani?
Oggi si celebra il solstizio di inverno.
Un momento magico perché dopo il periodo di buio la luce torna a crescere nelle nostre giornate.E io voglio celebrarla con due notizie che mi hanno colpita molto questa mattina.
La prima è la sentenza della Corte Costituzionale nella quale la Corte si esprime a favore dei diritti umani e contro il pareggio di bilancio. Ossia il diritto di alcuni disabili a vedersi erogato un servizio di trasporto, tagliato per “ragioni di bilancio” dalla Regione Abruzzo.
Come è possibile che il diritto di queste persone sia messo in secondo piano da un pareggio di bilancio? Ma soprattutto come è possibile che non si veda in questo servizio qualcosa di più che un semplice costo?
La seconda notizia si riferisce all'(ennesimo) articolo che traccia una condizione dei lavoratori e delle lavoratrici della logistica in Italia. Dopo H&M ecco l’inchiesta su Amazon. Mi viene in mente il meraviglioso lavoro di ricerca sul campo che Simone Weil fece negli anni Trenta quando decise di andare a lavorare alla catena di montaggio della Renault. Potete leggere il suo resoconto (comprensivo non solo del lavoro svolto ma anche delle emozioni legate al lavoro, agli orari, alla catena di montaggio) nel libro La condizione operaia.
Ora mi chiedo possiamo noi intervenire in qualche modo per cambiare questa perdita di orientamento sul valore e la difesa dei diritti umani? Sì certo possiamo sempre fare qualcosa anche se ci sembra che i massimi sistemi siano altrove, che le decisioni le possiamo solo subire. Mi viene in mente ciò che fecero nel 1915 alcune donne tra cui il premio Nobel per la Pace 1931 Jane Addams con la loro marcia a favore della fine della Prima Guerra Mondiale. E dico sì possiamo fare, anche se sembra poco o ininfluente. Possiamo sempre scegliere di agire per il bene e per la pace.
Fate l’amore non fate la guerra
Ieri era la giornata delle Forze Armate.
Ha fatto molto scalpore la presa di posizione del sindaco di Messina, Renato Accorinti, il cui discorso è stato un inno alla pace. Nelle sue parole Renato ha citato il Presidente della Repubblica Italiana Sandro Pertini “Svuotate gli arsenali fonti di morte e riempite i granai fonti di vita!” e l’articolo 11 della Costituzione Italiana dove si legge “L’Italia
ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri
popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali
[…]”.
Da ieri è un susseguirsi di commenti a favore e contro il gesto.
Chi dice che non era il luogo adatto anche se condivide.
Chi disapprova.
Chi applaude al gesto e al coraggio.
Chi è indignato per il sangue dei tanti uomini e delle tante donne versato per la “nostra” difesa.Il Ministro per la Pubblica Amministrazione e Semplificazione Gianpiero D’Alia commenta il gesto del sindaco come “provocazione demenziale e inopportuna”.
Ma come si può condividere questa affermazione? Veramente inneggiare alla pace può essere una provocazione demenziale e inopportuna?
Probabilmente sì se lo si fa durante la celebrazione delle Forze Armate. Probabilmente sì se lo si fa durante una cerimonia ufficiale. Se si osa contestare l’ordine costituito. E se lo si fa da dentro quest’ordine.
Poi c’è la denigrazione del gesto. Oltre all’offesa. Pare che il sindaco si sia scordato nel suo gesto di tutti quei militari che muoiono nelle missioni di pace! E’ un ingrato.
Ma io mi chiedo: come è possibile attuare questa inversione di pensiero? Come è possibile che la locuzione “missioni di pace” renda onorabile l’intervento armato in luoghi dotati di sovranità riconosciuta dallo Stato Italiano? Perché i militari doneranno caramelle, aiuteranno i feriti e faranno sorrisi alla popolazione ma lo fanno sempre armati fino ai denti, con le tute mimetiche e il mitra sotto il braccio!
Fino a quando si esalterà paura e violenza la maggior parte delle persone richiederà la protezione delle Forze Armate. C’è bisogno quindi di riequilibrare l’immaginario che ci circonda. Io lo faccio con il libro di una mia amica, Anna Bravo, che si intitola La conta dei salvati. Dalla Grande Guerra al Tibet: storie di sangue risparmiato.
Riporto un piccolo riassunto del contenuto.
È un’idea malsana che quando c’è guerra c’è storia, quando c’è pace no.
Il sangue risparmiato fa storia come il sangue versato.Si parla e si scrive molto di guerre, di eccidi e di violenze. È il
racconto del sangue versato. Ma non saremmo qui se qualcuno non avesse
lavorato per risparmiare il sangue. Le storie raccontate nel libro mostrano due verità. La prima: il sangue può essere risparmiato anche da
chi non ha potere, o ha un potere minimo. La seconda: se è importante
raccontare una guerra, ancora più importante è descrivere come un
conflitto non è deflagrato. Per capire come si può fare, e con che mezzi.Questo è un modo diverso di fare la storia. E di raccontarla.
Democrazia II ovvero il potere è mio e me lo gestisco io
Domenica sera a Torino c’è stato un concerto al Teatro Regio per chiudere i
festeggiamenti dei 150 anni dell’Unità d’Italia. Il concerto doveva essere
pubblico e gratuito e invece si è rivelata l’ennesima blindatura della città e
dei potenti (?!?!) con un cordone di polizia e carabinieri ad assicurare
l’ordine pubblico. Ora mi chiedo come sia possibile pensare che ogni persona
sia potenzialmente intenzionata a fare del male e come sia possibile che queste
persone che eseguono gli ordini lo facciano senza mettere in gioco la propria
soggettività. Forte del convegno “Culture indigene di pace” a cui ho
partecipato, mi sono messa a parlare per una mezz’oretta con alcuni poliziotti
e ho scoperto che: il loro unico problema è percepire uno stipendio e rispettare
gli ordini che ricevono (se devono attaccare attaccano senza pensare che ci sia
una persona davanti a loro che ha il diritto di passeggiare per la propria
città tanto quanto chi partecipa al convegno).Poi ieri appare su facebook questa foto che mostra Luciana Litizzetto …
che tristezza! che tristezza vedere una persona che in televisione sostiene il
movimento No Tav e un’idea di democrazia partecipata che partecipa a questo
concerto aderendo quindi alle modalità con cui è stato realizzato. Si sa che il
sistema richiede per essere portato avanti anche qualcuno che vada contro, ma
non troppo, che crei consenso altro ma che nello stesso tempo aderisca a quel
sistema perché senza quel sistema non sarebbe così ricco o ricca. Un sistema
che prevede prima dell’arricchimento personale un benessere per ogni persona e
per ogni cosa richiede uno sforzo che poche persone nella nostra società sono
in grado di fare … perché significherebbe in primo luogo rinunciare ai propri
privilegi!