• educazione relazionale o “il piacere è mio e me lo voglio gestire io”

    Lo scorso weekend sono
    stata a Livorno per la seconda edizione del feminist blog camp. Gli
    incontri dei tre giorni mi hanno aperto ancora di più gli occhi
    sulla potenzialità del web e dei blog, mi hanno fatto conoscere
    nuovi orizzonti (come l’antispecismo) e soprattutto incontrare alcuni
    uomini che lavorano su loro stessi e con altri (uomini e donne) per
    una società non sessista. Uomini che riconoscono come l’oppressione
    femminile sia da rimuovere per una società più libera e felice,
    dove tutti e tutte si possano esprime liberamente.
    Per ora rimane
    un’intuizione da sviluppare, ma mi riprometto di lavorare sul piacere
    e sulle relazioni. Sempre più spesso ritorna l’idea di introdurre
    l’educazione sessuale nelle scuole. Ho tuttavia l’impressione che con
    educazione sessuale ci si fermi ai metodi contraccettivi, alle
    malattie sessualmente trasmissibili, forse a discorsi
    sull’interruzione volontaria di gravidanza. Che sono importanti, ma
    non inclusivi (soprattutto per il genere maschile).
    Preferirei, quindi,
    parlare di educazione relazionale. Perché se è vero che fin
    dall’infanzia veniamo educati ed educate ai ruoli (vedi Dalla parte
    delle bambine di Elena Gianini Belotti) è altrettanto vero che
    un’educazione relazionale attenta al rispetto dei generi può essere
    di grande aiuto nel costruire relazioni soddisfacenti per entrambi.
    A questo proposito voglio riportare
    alcune righe di un volantino che ho trovato a Livorno.
    “Il responsabile della
    oppressione delle donne e delle violenze sessuali che subiscono non è
    l’esistenza della libido maschile ma proprio la legittimazione che dà
    la società alla sua espressione. Esiste l’approccio comune che il
    maschio possiede un desiderio innato troppo forte, simile alle altre
    esigenze corporee come mangiare e bere. Questo approccio vede il
    desiderio maschile come attivo. A differenza del desiderio femminile,
    che va percepito come debole e passivo. Secondo questo approccio,
    visto che gli uomini hanno un desiderio sessuale forte che “deve
    essere soddisfatto”, è solo naturale (e quindi anche legittimo)
    che lo esprimano e cerchino di sfogarsi, anche se questo significa
    fare del male alle donne – dopo tutto non si può fermare un
    bisogno del corpo. Da questo derivano fenomeni sociali come
    l’oggettificazione delle donne, molestie sessuali, la voglia di
    possedere molte donne, il consumo di sesso e/o pornografia, ecc…”
    Non è molto più
    gratificante abbandonare l’opposizione tra desiderio attivo maschile
    e desiderio passivo femminile per dare vita a relazioni basate sul
    rispetto delle due persone come soggetti? Soggetti che hanno desideri
    differenti e che li giocano insieme attivamente nel loro rapporto?
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