La paura di essere brutte
Da un paio di giorni vorrei scrivere qualcosa sulla bellezza / bruttezza perché una serie di associazioni mentali si stanno facendo largo nella mia mente.
Tutto è partito dalla visione di questo video che mi ha commossa.
Lizzie Velasquez è nata con una malattia rara che non le permette di acquistare peso ed è considerata così brutta – in un mondo che comunque ha fatto della magrezza un sinonimo di bellezza – da essere stata definita dai suoi compagni di liceo “La donna più butta del mondo”.Allora mi sono messa a guardare le foto profilo delle amiche dei miei cuginetti adolescenti. Ed è un continuo esporsi per ricevere gli agognati “mi piace” sinonimo di popolarità e apprezzamento su Facebook.
Poi mi sono detta “effettivamente lo faccio anche io” perché nasconderlo. Perché continuare a far credere che voglio apparire superiore solo perché ho il doppio della loro età? Perché non ammettere che comunque in ciò che facciamo, diciamo, scriviamo c’è la ricerca di un’approvazione sociale – non di tutta la società, ma di quella che sentiamo più affine, più vicina, più legata a noi?
La risposta a questi miei interrogativi l’ho trovata in un libro che sto leggendo in questi giorni, La donna serpente di Angela Giallongo. C’è un interessante passaggio sull’affinità tra bruttezza e cattiveria che voglio riportare qui: “l’analogia del brutto con il male risale ai Greci”. Ecco io credo che questa analogia ce la portiamo dentro da tutti questi secoli e ci orienta nella ricerca di essere considerate belle. E’ un discorso che riguarda soprattutto le donne, che solo a un certo punto della Storia sono diventate ideale di bellezza. O meglio alcune donne, quelle che rientrano nel canone di bellezza stabilito dalla società patriarcale in cui vivono.
Per le altre vale ancora l’assioma: bruttezza / cattiveria. E infatti le donne brutte sono innanzitutto invidiose delle donne belle e invidiose di tutto, perché a loro la bellezza è stata negata. l’iconologia di Cesare Ripa riporta questa definizione per l’invidia: “una donna vecchia, brutta, dal corpo asciutto, dagli occhi biechi, scapigliata con serpi al posto del capelli e che di velen colma la lingua, né mai sente piacer alcun se non dell’altrui lutto e che vede l’altrui ben con occhio torto”
L’invidia è vecchia per la lunga, antica, inimicizia con la virtù.
E’ magra perché lentamente si macera e si consuma.
Ha serpenti al posto dei capelli per i cattivi pensieri e per il veleno che sparge e semina.Allora io penso che si debba partire dalla decostruzione di questi stereotipi e di questo legame bruttezza/invidia/cattiveria per poter liberare l’espressione di ognuno di noi. Un buon suggerimento nel frattempo ce lo da la stessa Lizzie nel finale del video quando a proposito delle cattiverie e degli insulti ricevuti dice “Ho usato la loro negatività per accendere la mia passione”.