Una delle situazioni in cui mi ritrovo
più spesso in questi giorni è il dover salvarmi dalla “polemica a
tutti i costi”. Sembra che ci debba essere sempre una
giustificazione per ciò che si dice, si fa, si prova. Come se
avessimo l’onere della prova su di noi. Come se si dovesse continuare
a dimostrare di essere nel giusto, di non aver fatto male a nessuno
intorno a noi. Nel frattempo continuo a fare ricerca. In questo
periodo mi sto occupando della ricostruzione biografica di una delle
più importanti psicologhe italiane, Angiola Massucco Costa. Nella
sua lunga vita, Angiola è stata consigliera comunale a Torino e
deputata, eletta nelle liste del Partito Comunista. Leggo i verbali
delle sedute del consiglio comunale alla ricerca dei suoi interventi
ed è inevitabile raffrontarli con la situazione politica attuale: un
po’ perché ne siamo costantemente immersi, un po’ perché la vivo su
me stessa con la nomina in commissione pari opportunità.
E penso a cosa è cambiato. Si tratta
solo di ideologie cadute e non sostituite con qualcosa di altrettanto
forte o è come se si fosse rotto un patto tra chi viene eletta e chi
si candida?
Tutto questo ragionare mi ha portato ad
una parola, ad un’azione simbolica che dovrebbe essere la regola del
genere umano e che invece viene meno: affidamento. Questo termine
fonda anche la relazione tra donne, l’elaborazione politica del
femminismo italiano. Il termine ricostruito nel simbolico positivo
che possiede può aiutarci anche a migliorare i rapporti tra noi e a
ridare un senso alla rappresentanza e all’azione politica.
Nell’introduzione al libro “Non
credere di avere dei diritti”, le autrici appartenenti alla
Libreria delle donne di Milano dichiarano che lo scopo del testo è
“la necessità di dare senso, esaltare, rappresentare in parole e
immagini il rapporto di una donna con una sua simile”.
Si tratta di un venire al mondo di
donne legittimate dal riferimento alla loro origine femminile,
nonostante il fatto che il rapporto tra donne non abbia una storia. A
poche donne viene insegnata la necessità di curare specialmente i
rapporti con altre donne e di considerarli una risorsa insostituibile
di forza personale, di originalità mentale, di sicurezza sociale.
Nelle molte lingue di una cultura
millenaria non c’erano nomi per significare una simile relazione
sociale, come nessun’altra relazione fra donne per se stesse.
Decidono quindi di chiamarlo “affidamento”.
“Il termine “affidamento” ha in
sé la radice di parole come fede, fedeltà, fidarsi, confidare. Però
può non piacere perché rimanda ad un rapporto sociale che il nostro
diritto prevede fra adulto e bambino. Quel tirarsi indietro davanti a
una parola in sé bella, solo per l’uso che altri ne fanno, viene
visto come un sintomo di impotenza davanti al già pensato da altri,
in questo caso il già pensato circa i rapporti tra bambini e adulti,
e quello che sarebbe o non sarebbe conveniente all’età adulta di una
donna”.
“Avere delle interlocutrici magistrali
è più importante che avere dei diritti riconosciuti.
Un’interlocutrice autorevole è necessaria se si vuole articolare la
propria vita in un progetto di libertà e darsi così ragione del
proprio essere donna. La mente femminile senza collocazione simbolica
ha paura. Si trova esposta a fatti imprevedibili, tutto le capita
dall’esterno nel corpo. Non sono le leggi e neanche i diritti che
danno a una donna la sicurezza che le manca. L’inviolabilità una
donna può acquistarla con un’esistenza progettata a partire da sé e
garantita da una socialità femminile.”
A partire da queste frasi che sento
forti dentro di me, che pratico ogni giorno e che mi hanno permesso
di creare rapporti forti, di riuscire a confliggere senza avere paura
di perdere il rispetto o l’amicizia delle persone con cui mi
confronto, mi chiedo perché si continua a porre l’accento sulla lite
tra donne? Dove è finito il sentimento della sorellanza? Siamo
sorelle solo di donne con cui condividiamo un orientamento politico –
o meglio partitico – in questa politica dei partiti che si sta
mangiando tutto e soprattutto la nostra libertà di espressione?
Quanto è forte oggi il bisogno di ogni donna di trovare fra sé e il
mondo una mediazione fedele in un’altra simile? Quanto il guadagno di
ogni diventa per se stessa, diventa guadagno per tutte invece di
generare invidia?