• XI Non attendere. Se vuoi fare una cosa, falla e basta

    Oggi primo giorno parigino. Sveglia non troppo presto e colazione. Il tempo non è dei migliori, ma poi si rasserena. Ci sono i miei genitori per questi primi giorni, quindi un po’ di ore le voglio trascorrere a fare la turista con loro.
    Avevo detto “quando sarò a Parigi mi dedicherò solo alla ricerca” e già contravvengo a questa dichiarazione. Tuttavia mentre la mamma prepara il pranzo decido di guardare i corsi dell’EHESS e di scrivere qualche mail per capire se i prof mi accolgono nei loro corsi, hanno indicazioni bibliografiche e qualche notizia in più rispetto alle schede presenti in internet.

    Poi esco e iniziano i giri per Place de la Concorde, il Louvre, Place Vendome etc etc.
    Solo a casa ho il wifi quindi mi rilasso all’idea che difficilmente ci saranno sms in arrivo, aggiornamenti di stato di facebook o messaggi di whatsapp a distrarmi dal mio presente.

    Quando torno a casa tra le varie mail leggo quella della prof. del seminario di Storia sociale dei femminismi tra XIX e XX secolo che oltre a darmi notizie sulle sue lezioni mi chiede se posso fare una lezione sul femminismo italiano. A parte rimanere perplessa su cosa dire – io che proprio da quello torinese me ne sono voluta andare via in questa trasferta parigina – sono rimasta colpita da questa richiesta!

    E allora mi viene da scrivere che veramente l’universo sostiene ciò che noi desideriamo! ma sostenendolo ci chiede di fare un primo passo, osare, tentare di realizzare i nostri sogni!
    Troppo spesso ci fermiamo davanti alla paura del fallimento, della derisione, della sconfitta. E invece proviamo a pensare che tutto sia semplice, che ce la possiamo fare, che il nostro desiderio è già realtà, l’ottimismo ci aiuterà a realizzare i nostri sogni meglio e più velocemente!

    condividimi!
  • From Paris With Love

    La borsa di studio che sto portando avanti prevede un soggiorno a Parigi per i prossimi sei mesi. 

    Così ho deciso di spostare qui la mia vita e il blog! Impegnandomi a scrivere di più. 
    Perché in questi mesi ho pensato pensato pensato tanto, ma poche volte ho scritto. 
    Il che è un male se poi non si condivide anche attraverso lo strumento del blog! 
    Oltretutto in questo periodo sono stata così avvolta dall’amore e dall’energia positiva, che in molti casi diventa vera e propria rivoluzione sociale, culturale e politica (senza mettere di mezzo i partiti!!!), che sarebbe davvero un peccato non condividerla, donarla e farla agire nella rete!
    Così rieccomi e che questa avventura parigina mi riservi tante sorprese da poter condividere con voi!

    condividimi!
  • Della meschinità

    Pare che alle persone che si impegnano in un lavoro intellettuale tale lavoro non debba essere riconosciuto a livello monetario. Basta la fama, che troppo spesso fa rima con fame. O meglio riducendoti alla fame, rimangono a fare gli intellettuali solo quelli che se lo possono permettere. Che non è un peccato per carità essere ricchi ma sicuramente un vantaggio troppo spesso poco consapevole. E così si parla di meritocrazia senza pensare che un curriculum che sembra valere di più può essere il frutto della possibilità di seguire corsi all’estero, master da migliaia di euro ecc ecc

    Sembra quasi che sia più apprezzato un lavoro ripetitivo, inutile, produttivo di cose e oggetti, piuttosto che un lavoro che produce idee, realizza desideri, cambia la società. 
    La svalorizzazione monetaria, diventata privilegio per alcuni, per altri diventa anche svalutazione del proprio lavoro, mancanza di consapevolezza del proprio pensiero e del proprio agire. 
    Ecco questo non deve più accadere, non permettiamolo. 
    Lottiamo per i nostri diritti, riconoscendo per primi, per prime se penso alle donne intellettuali che troppo spesso interiorizzano la società patriarcale che ci vuole sempre alunne e mai maestre, le nostre idee. 
    La società così come è organizzata è un inganno, una bugia e deve crollare. Non portiamo avanti, per paura quelle consuetudini che fanno del lavoro intellettuale un passatempo, un disquisire che non ha legami con la realtà. Sveliamo la meschinità delle persone che ci svalutano, svalutando per primi/e il loro lavoro, non partecipando ai loro progetti, rivolgendoci ai nostri desideri e trasformandoli in parole e in libri che inducano altre persone a pensare e ad agire.   
    condividimi!
  • Le vie infinite della libertà

    Per chi fa ricerca come me è abbastanza pericoloso perdersi nella teoria dimenticando la pratica. 
    La pratica per me è la vita, perché ogni teoria viene prima o poi provata, consciamente o inconsciamente. E se è valida la teniamo, se non è valida la buttiamo. E magari ne sperimentiamo un’altra! Tuttavia molte persone rischiano di percepire come naturale ciò che è culturalmente costruito. Ma, appunto, essendo l’unica modalità conosciuta viene pensata e vissuta come l’unica possibile. Questa però è un’altra storia di cui parlerò in un altro post.

    In questo post vorrei parlare di uno dei problemi della divergenza tra teoria e pratica sulla pelle delle donne! Molte donne che conosco e che hanno fanno parte del movimento neo-femminista degli anni 70 scrivono, dicono le peggio cose sul lavoro familiare. Addirittura ora gli uomini studiano la disuguaglianza delle coppie (sposate o conviventi) rispetto al lavoro familiare. E via con le stigmatizzazioni, le ricerche, le percentuali che fanno riflettere sulle nostre scelte e tentano anche di indirizzarle. Io non sono convinta infatti che questi studi si limitino a registrare i dati, ma indirizzano non tanto le politiche quanto chi legge i libri e poi cerca di cambiare gli equilibri della propria coppia o delle sue amiche …  Se sei una donna emancipata o fai tutto da sola sentendosi una wonderwoman, o ti rifiuti di fare i lavori di casa o paghi un’altra donna meno emancipata di te che ti sostituisca all’ultimo gradino della scala sociale. 


    Ecco questo è il punto: la scala sociale! Ossia il lavoro domestico non è riconosciuto – non è nemmeno nel Pil – quindi non dobbiamo riconoscerlo. “Studia così non farai la casalinga!” – “Studia così potrai permetterti qualcuno che faccia le faccende di casa al posto tuo” 


    Poi però la vita ti mostra che tante teorie poco servono! Ieri un’amica di mia mamma ha chiesto a mia zia di aiutarla nei lavori di casa. Si mettono d’accordo senza intercessione dei mariti o di altri uomini, sviluppano una solidarietà tra donne (contro tutte quelle idee che le donne non possono essere amiche) e quindi agiscono la propria libertà! E allora al diavolo tutte le teorie, tutte le ricerche e tutti i dati! La vita è ben altro. Io ho adorato questo momento e l’ho voluto condividere con voi, perché se veramente noi donne (e uomini) vogliamo liberarci dagli stereotipi uniamo teoria e pratica e buttiamo via le teorie inutili! La libertà che si agisce nella vita vera è molto, molto migliore di quella agita nei libri. 

    condividimi!
  • un’iniezione di autostima

    Oggi ho avuto una profonda illuminazione e consapevolezza su di me e sul mio lavoro e voglio condividerla prima che sia sommersa da altri pensieri e da altre parole.
    In questo periodo sto portando avanti una ricerca che cerca di mediare tra archivi audiovisivi tout court, archivi di enti e associazioni che non sanno da che parte girarsi per il trattamento degli audiovisivi e percorsi di genere che pare siano portati avanti solo dalle femministe o aspiranti tali (lasciamo perdere la polemica #ho bisogno del femminismo perché, #non ho bisogno del femminismo perché).
    Da brava ricercatrice e anche perché tra poco tutte le biblioteche e gli archivi chiudono per ferie e io sono maledettamente in ritardo, ho passato tutta la giornata (piovosa) a consultare libri che parlano di archivi audiovisivi.

    Scopro di certo l’acqua calda se affermo che ogni libro ha un corredo bibliografico che apre ad altre diecimila possibili vie e che ogni ricerca è potenzialmente infinita.

    Infatti non voglio scrivere questo, ma capovolgere o almeno tentare di capovolgere la paura con cui di solito si scrivono libri e la conseguente ricerca dell’argomento limitato e specialistico su cui nessuno ha scritto mai (pena tuttavia la paura dell’esclusione dal circolo degli intellettuali) o semplicemente specialistico in modo da limitare i danni perché tanto nessuno ne sa (e qui corre un piccolo accenno a Umberto Eco e al suo libro su come si scrive una tesi di laurea).

    Ciò che voglio dire è questo: non cercate il vostro orticello, quello che potete coltivare solo voi, quello su cui avete diritto di prelazione perché ci siete arrivati prima degli altri. Qui non si tratta di corsa all’oro, ma l’oro sta nella corsa ovvero nel correre in modo diverso, cercare nuove prospettive per guardare situazioni vecchie, abbattere stereotipi e vecchi modi di pensare che il tempo ha trasformato in mostri sacri. Non si tratta di leggere più libri possibili, riempire il vostro testo di citazioni per far sapere che ne sapete o per prendere un voto come durante gli esami, giacché qui non si è ancora dall’altra parte della cattedra. Forse la cattedra c’è solo se la immaginiamo noi e la facciamo vivere metaforicamente accanto alle nostre ricerche.
    Siamo liberi di dire ciò che pensiamo, di creare nuovi percorsi, di osare il non ancora detto, il non ancora ascoltato, che prima di tutto è nostro, ci appartiene e lo doniamo al mondo.

    Siamo in debito con il mondo, vivendo dobbiamo fare la nostra parte, far agire il nostro io e lo possiamo fare anche dandoci l’autorevolezza di esprimere il nostro pensiero senza paura! Non sto esortando a dire qualunque cosa passi per la testa, ma a riflettere con la nostra testa e a non pensare di non essere mai in grado di poter dire qualcosa fino a quando non si sarà assimilato tutto dato che la quantità di pensiero scritto e parlato che circola non è possibile sia tutto letto e compreso! Altrimenti ci condanniamo al silenzio e priviamo il mondo del nostro pensiero e noi stessi della consapevolezza di averne uno!!!

    condividimi!
  • La mia lista *To Do*

    L’altro giorno ho avuto consapevolezza che le nostre pratiche quotidiane hanno valore non solo per noi ma per il mondo intero, quando le condividiamo senza paura di essere prese per matte.

    E proprio per questo voglio condividerla con voi, credendo possa aiutare o se non altro farvi dire “perché no?”

    Da anni al mattino (non sempre ma quando voglio essere performativa sì) faccio la lista *To Do*, ossia l’elenco delle cose che devo/voglio fare durante la giornata:

    – mail da inviare
    – persone da chiamare
    – libri/articoli da leggere
    – faccende di casa da sbrigare
    – scadenze varie

    insomma tutto ciò con cui voglio riempire la giornata.

    E a poco a poco cancello le cose fatte e c’è tanta soddisfazione nell’arrivare a sera e vedere una serie di linee orizzontali sul foglio! Perché fare l’elenco sul computer e poi cancellare non dà la stessa sensazione di aver fatto tanto!!! Si muove energia diversa perché fare non è uguale a cancellare!!

    Gli effetti positivi sono tantissimi! Innanzitutto la consapevolezza di ciò che si fa, troppo spesso dispersa nelle cose che si fanno. L’attenzione a ciò che si fa (ci interessa davvero? è un obbligo? un piacere? un desiderio?). Aumenta e migliora l’autostima (caspita quante cose faccio!!!) e la gioia verso noi stesse e chi ci circonda!

    Provate anche una volta, così per curiosità 🙂

     

    condividimi!
  • sì! viaggiare

    Qualche giorno fa ho scritto che un viaggio è sempre un piccolo miracolo perché ci permette di vedere posti magnifici e di riflettere su molte cose, noi stessi, i nostri rapporti, le scelte che abbiamo fatto e che dobbiamo fare.

    Più aumenta la distanza fisica e mentale dal nostro modo di vivere quotidiano più riusciremo a trovare le risposte ai nostri dubbi e alle nostre domande.

    Così in mezzo a qualche foto del Sinai ecco dei pensieri vagabonding 

    Andarsene da casa è una specie di perdono e,
    quando si arriva tra sconosciuti, ci si stupisce del fatto che sembrino persone per bene.
    Nessuno vi deride o spettegola su di voi, nessuno invidia i vostri successi o gode per le vostre sconfite.
    Dovete ricominciare, è una specie di redenzione.
    [Garrison Keillor, Leaving Home

    A volte dobbiamo fuggire nelle solitudini aperte, nell’assenza di scopi, nella vacanza morale consistente nel correre puri rischi, per affilare la lama della vita, per saggiare le difficoltà ed essere costretti a sforzarsi disperatamente, vada come vada.
    [George Santayana, The Philosophy of travel]

    Il piacere di viaggiare è tutto negli ostacoli, nella fatica e anche nel pericolo. Che fascino possiamo trovare in un’escursione in cui siamo sempre sicuri di raggiungere la meta, di avere i cavalli che ci aspettano, un letto morbido, un’ottima cena e tutti gli agi e le comodità di cui possiamo godere anche a casa nostra?
    Una delle grandi disgrazie della vita moderna è la mancanza di soprese e l’assenza di avventure. Tutto è così ben organizzato.
    [Théophile Gautier, Espana]

    Spesso sento che vado in zone lontane del mondo solo per ricordarmi chi sono… Quando ci si priva del proprio ambiente, degli amici, delle abitudini quotidiane, del frigorifero pieno di cibo, dell’armadio pieno di abiti, si è costretti a vivere un’esperienza diretta che, inevitabilmente, vi fa capire chi veramente sta facendo quella esperienza. Non è sempre comodo, ma rinvigorisce sempre.
    [Michael Crichton, Viaggi

    condividimi!
  • Dell’abilitazione e di altre oppressioni

    Questo è un post che volevo scrivere da un po’ di settimane. Poi come si sa a volte ci sono delle priorità che si impongono. In realtà c’è anche la questione che non è un post facile. Ma voglio semplificarlo perché sia comprensibile.

    Ho iniziato a pensarci quando sono usciti i risultati dell’abilitazione nazionale alla ricerca.
    Io faccio la ricercatrice. Quando devo compilare dei moduli mi definisco così.
    Perché per me è il lavoro più bello del mondo e voglio condividerlo il più possibile.

    Mi sono chiesta quindi quando ho visto i risultati di alcune categorie cosa significhi farsi abilitare. Che secondo chi giudica possiamo essere capaci o no? e quali sono i parametri con cui giudicano? dottorati e altri titoli, pubblicazioni nazionali e internazionali, importanza dei contenuti.

    Tutti parametri validi, per carità. Ma si sa, e lo sa benissimo chi fa ricerca, che in questi parametri non ci può essere meritocrazia, non c’è oggettività. I parametri sono il risultato di una serie di strutturazioni culturali che fanno dire che chi ha un titolo più alto vale di più, che chi pubblica fa più ricerca, che chi è riconosciuto a livello internazionale ha più meriti.

    E allora mi chiedo perché continuare a perpetuare queste oppressioni? Perché le persone non si ribellano, avendo gli strumenti culturali per farlo?

    Chi mi ha deluso di più in questo caso sono alcune donne che conosco. Donne che si definiscono femministe, che fanno ricerca di studi di genere, glbtqi e altro. Che senso ha nei libri, nelle conferenze, nei convegni e nei dibattiti citare Virginia Woolf e la sua assenza dalle sfilate degli uomini colti e Carla Lonzi e la sua assenza dai momenti celebrativi della manifestazione creativa maschile?

    C’è da riflettere su cosa diciamo rispetto a come agiamo. Solo quando sappiamo andare oltre il riconoscimento degli altri, il nostro ego e il nostro narcisismo possiamo veramente costruire un mondo meno opprimente anche all’interno del mondo della ricerca.

    I parametri poi sono assurdi: fare continuamente attività di ricerca, pubblicazione e insegnamento significa eliminare completamente tutto il resto, la socializzazione, il tempo libero e le relazioni. La ricerca invece per essere efficace e non mero trastullo deve inserirsi nella nostra vita, plasmare i nsotri sensi, le nostre amicizie, il rapporto con gli altri, le altre e il mondo!!!

    condividimi!
  • Attenzione

    Siamo quasi a Natale. La religione cattolica ci insegna che questo è un periodo di attesa.
    Il consumismo che tutto il tempo a disposizione lo dobbiamo dedicare ai regali.
    Entrambi (religione cattolica e consumismo) chiedono la nostra attenzione.

    Così mi sono tornare alla mente alcune frasi lette in uno dei libri più preziosi che conosca, Gli imperdonabili di Cristina Campo.

    ” L’attenzione è il solo cammino verso l’inesprimibile, la sola strada al mistero. Infatti è solidamente ancorata al reale, e soltanto per allusioni celate nel reale si manifesta il mistero.

    Davanti alla realtà l’immaginazione indietreggia. L’attenzione la penetra invece, direttamente come simbolo. Essa è dunque, alla fine, la forma più legittima, assoluta d’immaginazione.

    Come il gigante dalla bottiglia, dall’immagine l’attenzione libera l’idea, poi di nuovo raccoglie l’idea dentro l’immagine.

    Souffrir pour quelque chose c’est lui avoir accordé une attention extreme. E avere accordato a qualcosa un’attenzione estrema è avere accettato di soffrirla fino alla fine, e non soltanto di soffrirla ma di soffrire per essa, di porsi come uno schermo tra essa e tutto quanto può minacciarla, in noi e al di fuori di noi. E avere assunto sopra se stessi il peso di quelle oscure, incessanti minacce, che sono la condizione stessa della gioia.

    Qui l’attenzione raggiunge forse la sua più pura forma, il suo nome più esatto: è la responsabilità, la capacità di rispondere per qualcosa o qualcuno, che nutre in misura uguale la poesia, l’intesa fra gli esseri, l’opposizione al male. Perché veramente ogni errore umano, poetico, spirituale, non è, in essenza, se non disattenzione.

    Chiedere a un uomo di non distrarsi mai, di sottrarre senza riposo all’equivoco dell’immaginazione, alla pigrizia dell’abitudine, all’ipnosi del costume, la sua facoltà di attenzione, è chiedergli di attuare la sua massima forma.

    E’ chiedergli qualcosa molto prossimo alla santità in un tempo che sembra perseguire soltanto, con cieca furia e agghiacciante successo, il divorzio totale della mente umana dalla propria facoltà di attenzione”.

    Se tutti gli errori che facciamo sono dovuti alla disattenzione, facciamo meno cose, facciamole meglio. Questo è uno dei miei propositi per il 2014 !!!   

    condividimi!
  • Sradicamento

    Ho appena finito una riunione piuttosto pesante dal punto di vista emotivo.
    Mi ripeto sempre che devo mettere da parte il mio senso di giustizia a volte, ma è troppo difficile. E così, per dare il giusto spazio anche a questa esigenza (e anche un po’ per sfogo) mi rifugio nelle parole di Simone Weil a proposito di soldi e salario

    Esiste una condizione sociale – il salariato – completamente e perpetuamente legata al danaro, soprattutto da quando il salario a cottimo costringe ogni operaio ad essere sempre teso mentalmene alla busta paga.

    Il secondo fattore di sradicamente è l’istruzione quale è concepita al giorno d’oggi.

    Quello che oggi vien detto “istruire le masse” significa prendere questa cultura moderna, elaborata in un ambiente così chiuso, così guasto, così indifferente alla verità, toglierne tutto quel poco che per avventura potesse ancora contenere (operazione questa che viene chiamata volgarizzazione) e far penetrare pari pari quel che residua entro la memoria degli sciagurati desiderosi di apprendere, come si dà il becchime agli uccelli.

    Sul giovane scolaro gli esami hanno il medesimo potere ossessivo che ha il danaro sull’operaio che lavora a cottimo. Un sistema sociale è profondamente tarato quando un contadino lavora la terra pensando che, se fa il contadino, lo fa perché non era abbastanza intelligente per diventare maestro.

    Lo sradicamento è di gran lunga la più pericolosa malattia delle società umane, perché si moltiplica da sola. Le persone realmente sradicate non hanno che due comportamenti possibili: o cadere in un’inerzia dell’anima quasi pari alla morte (come la maggior parte degli schiavi dell’impero romano) o gettarsi in un’attività che tende sempre a sradicare, spesso con metodi violentissimi coloro che non lo sono ancora o che lo sono solo in parte.

    Chi è sradicato sradica. Chi è radicato non sradica.

    [da La prima radice]

    Grazie Simone per la tua lucidità! Ce ne fosse ancora anche oggi intorno a noi …
        

    condividimi!