• L’eterno primo passo

    Qualche giorno fa volevo scrivere un post sulle eterne polemiche che hanno accompagnato – nell’ordine – il 25 novembre Giornata Internazionale contro la violenza sulle donne, la polemica sull’astronauta Samantha Cristoforetti e i like al femminicida Cosimo Pagnani. Probabilmente lo farò più avanti, ora mi preme parlare di un problema fondamentale che attanaglia la vita di noi donne: primeggiare. 

    Non so se c’avete mai fatto caso, ma le notizie sulle donne hanno spesso questi titoli
    “La donna più…”
    “La donna meno…”
    “La prima donna a…”
    Non esistono le donne nella media. Bisogna sempre, per far parlare di sé, eccedere in qualcosa. Bello o brutto non importa. L’importante è l’eccentricità. 
    Ti credo poi che si dice *luogo comune pieno di retorica* che le donne non fanno gruppo, non sono veramente amiche. 
    La società le vuole sole e fa di tutto per strutturare il loro immaginario in questa direzione. 
    Quanti film, libri, testi teatrali sono costruiti su un uomo conteso tra due donne? Le donne non hanno altro legame se non quello con l’uomo. Senza l’uomo pare non possano esistere.  
    E invece noi donne abbiamo bisogno di fare gruppo, di sostenerci reciprocamente. Ma anche di costruire e rafforzare una genealogia che ci dia forza. Perché essere la prima può essere gratificante, ma è anche snervante e difficoltoso rifare, ripensare, ridiscutere ciò che è già stato fatto. 
    Chiunque prenda il potere in una società cerca nella storia che l’ha preceduto un contatto, un legame che giustifichi appunto la presa del potere. Noi donne invece preferiamo continuare a pensare di “essere state le prime a pensare, a fare”… certo che ci sono le prime a fare qualcosa ma la loro esperienza deve essere poi integrata e, magari superata, ma prima di tutto riconosciuta e fatta agire sopratutto di fronte alle difficoltà che possiamo incontrare. Altrimenti ogni nostro passo in avanti diventerà un passo indietro tra qualche tempo. E non ci sarà accumulo di esperienza e di ragionamento sulle esperienze fatte. 
    E’ nella genealogia e nel gruppo la nostra forza, nel ricordarci che non siamo sole e che le reti distrutte dal patriarcato si possono sempre ricostruire.  
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  • XII Non Tradirsi

    Visto che qualche tempo fa avevo scritto il post XI Non attendere questo nuovo post, proprio perché va nella stessa direzione, ha il numero seguente, il XII.

    Ieri ho avuto la mia prima conversazione accademica in francese: lettura critica del testo di Virginia Woolf, Una stanza tutta per sé (Une chambre à soi) e condivisione sulla base di ciò che viene detto in questo libro di una mia ricerca di qualche anno fa per un convegno su donne e cinema muto in Inghilterra.

    Ciò che voglio condividere ora con voi è la sensazione di poter portare le nostre ricerche, il nostro pensiero in ogni contesto anche se ci può essere una difficoltà di comunicazione derivata dalla differenza linguistica (e dalla differenza che l’uso di una lingua piuttosto che di un’altra esercita sul nostro pensiero).

    Al posto di preoccuparsi delle differenze linguistiche, dovremmo preoccuparci di un altro aspetto fondamentale nel nostro stare e agire nel mondo: il non tradirsi. Come scriveva giustamente Virginia Woolf “sottomettersi ai decreti dei misuratori è il più servile degli atteggiamenti. Finché desiderate, scrivete ciò che desiderate scrivere questo è tutto ciò che conta. Ma sacrificare un capello della testa della vostra visione, una sfumatura del suo colore, per riguardo a qualche rettore con un vaso d’argento in mano, o a qualche professore con un metro nascosto nella manica, è il più vile tradimento.

    Quindi portate avanti le vostre ricerche, i vostri pensieri, i vostri desideri anche se sembrano non essere sostenuti, siate coerenti con voi e qualcosa succederà fuori e dentro di voi! E soprattutto non abbiate paura di condividerli col mondo intero, c’è sempre un modo per far passare le nostre idee e, trovarlo, aiuta a raffinare ciò che stiamo dicendo e, a volte, a migliorarlo!

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  • La paura di essere brutte

    Da un paio di giorni vorrei scrivere qualcosa sulla bellezza / bruttezza perché una serie di associazioni mentali si stanno facendo largo nella mia mente.

    Tutto è partito dalla visione di questo video che mi ha commossa.
    Lizzie Velasquez è nata con una malattia rara che non le permette di acquistare peso ed è considerata così brutta – in un mondo che comunque ha fatto della magrezza un sinonimo di bellezza – da essere stata definita dai suoi compagni di liceo “La donna più butta del mondo”.

    Allora mi sono messa a guardare le foto profilo delle amiche dei miei cuginetti adolescenti. Ed è un continuo esporsi per ricevere gli agognati “mi piace” sinonimo di popolarità e apprezzamento su Facebook.

    Poi mi sono detta “effettivamente lo faccio anche io” perché nasconderlo. Perché continuare a far credere che voglio apparire superiore solo perché ho il doppio della loro età? Perché non ammettere che comunque in ciò che facciamo, diciamo, scriviamo c’è la ricerca di un’approvazione sociale – non di tutta la società, ma di quella che sentiamo più affine, più vicina, più legata a noi?

    La risposta a questi miei interrogativi l’ho trovata in un libro che sto leggendo in questi giorni, La donna serpente di Angela Giallongo. C’è un interessante passaggio sull’affinità tra bruttezza e cattiveria che voglio riportare qui: “l’analogia del brutto con il male risale ai Greci”. Ecco io credo che questa analogia ce la portiamo dentro da tutti questi secoli e ci orienta nella ricerca di essere considerate belle. E’ un discorso che riguarda soprattutto le donne, che solo a un certo punto della Storia sono diventate ideale di bellezza. O meglio alcune donne, quelle che rientrano nel canone di bellezza stabilito dalla società patriarcale in cui vivono.

    Per le altre vale ancora l’assioma: bruttezza / cattiveria. E infatti le donne brutte sono innanzitutto invidiose delle donne belle e invidiose di tutto, perché a loro la bellezza è stata negata. l’iconologia di Cesare Ripa riporta questa definizione per l’invidia: “una donna vecchia, brutta, dal corpo asciutto, dagli occhi biechi, scapigliata con serpi al posto del capelli e che di velen colma la lingua, né mai sente piacer alcun se non dell’altrui lutto e che vede l’altrui ben con occhio torto”

    L’invidia è vecchia per la lunga, antica, inimicizia con la virtù.
    E’ magra perché lentamente si macera e si consuma.
    Ha serpenti al posto dei capelli per i cattivi pensieri e per il veleno che sparge e semina.

    Allora io penso che si debba partire dalla decostruzione di questi stereotipi e di questo legame bruttezza/invidia/cattiveria per poter liberare l’espressione di ognuno di noi. Un buon suggerimento nel frattempo ce lo da la stessa Lizzie nel finale del video quando a proposito delle cattiverie e degli insulti ricevuti dice “Ho usato la loro negatività per accendere la mia passione”.

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  • Balliamo?

    Ieri ho visto un video bellissimo.

    Parla di una bambina che vuole iscriversi a un corso di danza, mentre il papà ha scelto per lei corsi di inglese, informatica, scacchi perché le apriranno un futuro. Mentre il papà le spiega tutto ciò che potrà avere seguendo quei corsi e sacrificando il suo essere bambina risate in sottofondo tipiche da serial americano.

    I commenti che ho visto più frequenti che ho letto su facebook fanno riferimento ai bambini e alle bambine. Ma è possibile che non riusciamo a pensare a noi? O almeno alla nostra parte bambina che ancora oggi ci chiede di ballare invece che seguire corsi di perfezionamento, tutorial, indici di borsa etc…

    Il video non ci insegna solo a ricordarci dei nostri sogni, ma ci parla dell’integrità di questi sogni. Sacrificarli vuol dire adattarci a una società che ci vuole schiavi, succubi di numeri e norme. Significa non dare importanza alla nostra fantasia, fino a ucciderla.

    Abbiamo dei sogni?
    Quanto dedichiamo a perseguirli?
    Con che energia nutriamo i nostri sogni e le nostre aspirazioni?
    A seguire le indicazioni di chi sa sempre cosa è meglio per noi rischiamo di non avere più tempo da dedicarci. Rischiamo di non avere più sogni. Rischiamo di non voler avere più sogni.

    E rischiamo soprattutto di perdere la nostra integrità. Di lasciare che qualcun altro decida per noi.
    Come potremo cambiare una società che non ci piace?
    Dove troveremo la forza?

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  • Une chambre à soi, encore!

    Ieri è stato l’anniversario dell’uscita della prima edizione di Una camera tutta per sé di Virginia Woolf 



    Da allora è passato tanto tempo, ma cosa è *veramente* cambiato per le donne che scrivono romanzi? Davvero le donne oggi hanno la possibilità di scrivere e di mantenersi scrivendo? Sicuramente per alcune donne si può dire che hanno a disposizione quel po’ di soldi e quella camera tutta per sé, condizioni indispensabile per scrivere secondo Virginia Woolf.

    Ma tutte le altre?

    Come ci ricorda Virginia, infatti, il talento non si concentra solo in chi dispone di canali per poter arrivare a una pubblicazione, ma si può trovare in chiunque. Quindi dobbiamo trovare nuove vie per far ascoltare la nostra voce e non piegarci a quel riflusso di patriarcato che vuole sottomettere la nostra genialità a regole che ci opprimono.

    “L’uomo non è il modello a cui adeguare il processo di scoperta di sé da parte della donna. L’uguaglianza è un tentativo ideologico per asservire la donna ai più alti livelli” scriveva Carla Lonzi negli anni Settanta.

    Porre l’uguaglianza come obiettivo significa assumere una prospettiva limitata e limitante, ma dobbiamo continuare a rivendicare il nostro stare nel mondo e il nostro starci come piace a noi!

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  • Quintessenza

    Ci sono libri che cambiano la vita! 
    Quanti saggi sono stati scritti sull’influenza delle fiabe che ci possono aiutare a guarire?
    E quante persone quando arrivano Natale e i compleanni regalano dei libri?  


    A volte capita che alcuni libri ci accompagnino nel corso della nostra vita perché ritornano sotto forma di citazione, di condivisione, spiraleggiano con noi in una dolce danza. 


    Stasera ho voglia di condividere un libro che ho letto qualche anno fa e che mi è ritornato alla mente ieri mentre pensavo a un saggio che devo scrivere in un paio di settimane. Si tratta di Quintessenza di Mary Daly. Il mio amore per questa donna è nato grazie all’ammirazione per la sapienza nell’uso delle parole che – sotto forma di gioco – arrivano a noi e spalancano il nostro cuore e la nostra attenzione verso altre galassie. 


    Mary invita le Donne Coraggiose a viaggiare in altre dimensioni. 
    Mary ci ricorda che il nostro tempo non è né lineare né circolare, ma è a spirale, come la forma delle galassie dello spazio. Mary parla di Momenti di Coraggio che, compiuti, ci portano a saltare, come gli elettroni, fino a compiere il Salto Quantico. Come le stelle anche noi possiamo saltare di galassia in galassia. 
    Possiamo farlo perché siamo Pure Lust. Dobbiamo farlo perché siamo circondate da terrorismo e necrofilia. E noi siamo portatrici di amore per la vita.


    Se diventiamo consapevoli del nostro Pure Lust richiamiamo il Coraggio Oltraggioso di andare oltre una società patriarcale che ci sminuisce, ci riempie di paure e di esitazioni. Riscopriamo le nostre grandi potenzialità. Spiraleggiamo sopra un mondo che non è nostro. 


    Del resto cosa abbiamo da perdere? Il patriarcato non ci dà niente. Morte, violenze, torture, stupri, povertà, stupidità… Non abbiamo niente da perdere. Ed è proprio in questa situazione che possiamo compiere Atti Rabbiosi e Coraggiosi tirando fuori tutta la nostra Ginergia


    Facciamo una Rivoluzione piena di Spirito / Ispirante per le persone che ci vivono accanto e per quelle che verranno attratte nella nostra orbita. Diamo spazio alla nostra Brama Irrefrenabile di sapere / di conoscere / di partecipare alla Vita


    Le Amazzoni, scrive Mary, agiscono con il doppio taglio del Coraggio Magnetico da una parte respingendo quelli che cercano di ostacolarci e dall’altra attirando Alleate Potenti che possano aiutarci. 


    Che il nostro dolore non resti passivo. 
    Che il nostro lamento diventi invettiva.
    Nominiamo dolore. Nominiamo i retaggi patriarcali. Nominiamo gli oppressori.
    Creiamo nuovi vortici di forza!


    Ogni volta che possiamo trasformiamo il dolore e la tristezza in Rabbia o in qualche altra Passione Vulcanica. La pena, da sola, è passiva, laddove la Giusta Rabbia può spingerci all’Azione e alla Cre-Azione


    La Giusta Rabbia crea Ginergia per Osare Grandi Balzi e l’Originalità Audace per Spiraleggiare in galassie lontane! 

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  • Ciò che è nostro per destinazione (o del non perdere tempo inutilmente)

    Gli ultimi giorni parigini li ho passati a letto, tra influenza e ciclo mestruale. Una bella depurazione. 

    Evitato ogni contatto con l’esterno, tranne per i commenti letti e fatti su Facebook. 
    E ho pensato. Molto. 
    E devo ringraziare, come sempre alcune mie amiche. 
    Una scrive: “Seguo talmente tante cose, lavori, progetti, che mi scoppia la testaaaaaahhhh”
    Un’altra impiega il suo tempo in varie associazioni e progetti tutti interessantissimi e socialmente utili. E la preparazione di un esame universitario viene fatta ritagliandosi del tempo tra un’attività e l’altra. 
    E ieri esce il call for paper per un convegno che mi interessa molto e che si terrà a settembre 2015 negli Stati Uniti. Inutile dire che aspettavo di sapere solo la deadline per scrivere l’abstract e incrociare le dita. Invece ci sono rimasta malissimo perché sul tema del convegno “Women, Labor, and Working-Class Cultures” non so proprio niente. O meglio di questo tema intersecato con il cinema muto italiano non so proprio niente. E così sono partite diecimila connessioni mentali al secondo per capire cosa poter proporre anche in base al tempo a disposizione, al fare una ricerca degna di chiamarsi tale e alle varie sottocategorie proposte. 
    Poi a metà serata l’illuminazione. L’anno scorso grazie allo stesso convegno ero stata in Australia e avevo trovato il mio scopo, il tema della ricerca mio per destinazione come scriveva Simone Weil, e so bene che tipo di energia mi aveva accompagnato. Quindi la conclusione è che presenterò un abstract su un progetto intorno al quale voglio davvero lavorare perché non ha senso imbarcarsi in operazioni di facciata. Il nostro lavoro ha valore anche per ciò che muoviamo con esso. E la qualità del nostro lavoro dipende anche dall’energia che ci mettiamo dentro.  
    Basta seguire progetti inutili per me, basta seguire persone che non mi danno buona energia solo perché questa è l’era della comunicazione e non possiamo non sapere. In tutta questa rin-corsa alle notizie rischiamo di perderci e comunque di perdere buona parte delle nostre energie che invece devono essere messe in ciò in cui crediamo davvero. E se per questo non verrò scelta, pazienza, rimanere fedeli a se stesse è la più grande partecipazione che posso mettere in atto.    
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  • Lupacchiare è bello

    Ieri sera mi è tornato in mano il libro di Clarissa Pinkola Estes Donne che corrono coi lupi

    O meglio mi è tornata sotto gli occhi la versione digitale, che quando viaggi è molto più leggera e la schiena ringrazia.

    Questo non è proprio un viaggio zaino in spalla ma è comunque un viaggio in un luogo sconosciuto e poco esplorato finora, così rileggere le Regole generali dei lupi per la vita non mi sembra fuori luogo. Eccole qui:




      1. Mangiare.
      2. Riposare.  3. Vagabondare.
      4. Mostrare lealtà.
      5. Amare i piccoli
      6. Cavillare al chiaro di luna.
      7. Accordare le orecchie.
      8. Occuparsi delle ossa.
      9. Far l’amore.
    10. Ululare spesso

    Ciò che possiamo fare per cambiare questa società è tirar fuori la nostra natura selvaggia
    troppo spesso repressa in nome di un’etichetta, di un’educazione di facciata che ci reprime e ci opprime.

    La nostra risorsa più importante è la creatività ma per ritrovarla e farla agire dobbiamo andare al centro di noi e riportarla in superficie.

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  • Della Lontananza (o della Lucidità)

    E’ ormai una settimana che sono a Parigi.
    Ed è tempo già di bilanci (ah quanto amo la mia mente di ragioniera…)

    Scherzi a parte, è importante tener traccia delle consapevolezze che man mano arrivano altrimenti poi le si perde che come diceva Vasco Rossi in Una canzone per te Ma le canzoni son come i fiori, nascon da sole e sono come i sogni e a noi non resta che scriverle in fretta, perché poi svaniscono e non si ricordano più“.
    Ciò che ho capito in questa settimana che poco è stata dedicata al lavoro al tavolino e molto alla ricerca *sul campo* accompagnando i miei genitori in giro per Parigi è tra i bisogni fondamentali delle persone c’è il viaggiare! Non voglio fare un elenco dei benefici del viaggio, che non deve essere una vacanza a cinque stelle in un villaggio anonimo o in un hotel di lusso ma un lasciarsi andare al Vagabonding, ma porre il problema del viaggio inteso a livello politico, risorsa dell’organizzazione mondiale della sanità o più semplicemente del sistema sanitario nazionale per guarire dallo stress o dal male di vivere, dall’apatia e dall’abbruttimento generale delle persone e tra le persone.
    Voglio intendere il viaggio, l’allontanarsi dal tram tram quotidiano come un medicamento necessario che spinga a muovere risorse – monetarie e non – per creare la possibilità affinché tutte le persone possano godere di questa medicina senza controindicazioni. Anzi, penso che potrebbe avere molti effetti positivi:

    1. Più consapevolezza del mondo che abitiamo (delle persone che lo abitano, delle culture, degli animali e delle piante)

    2. Meno attaccamento al nostro modi di vivere percepito come naturale. Riconoscimento del fatto che è una costruzione culturale e come tale può essere cambiato

    3. Meno attaccamento a ciò che possediamo o meglio crediamo di possedere (oggetti, persone, credenze)

     

    4. Aumento della curiosità e della voglia di viaggiare per conoscere ciò che è differente da noi

    5. Risparmio su spese come l’esercito e tutte le forze armate, inutili in un mondo che è percepito come uno e non divisibile in stati nazionali

    6. Riduzione dello stress, dell’apatia, della tristezza e della rabbia

    7. Aumento della solidarietà tra le persone, della voglia di migliorare il mondo che abitiamo

    8. Aumento della lucidità su ciò che stiamo vivendo, capacità di staccarsene se non ci appartiene più, coraggio di prendere scelte che cambiano la nostra vita

    9. Diminuzione delle spese sanitarie e degli ospedali, delle medicine e dei coaching

    Mi sono limitata a indicare qualche possibile conseguenza poi ognuno vedrà gli effetti su di sé. Perché non bisogna aspettare che ci sia la società migliore, i governanti migliori, la situazione economica migliore per poter fare tutto ciò. Dobbiamo crearci le nostre possibilità e andare, provare, tentare, realizzare i nostri sogni. L’universo ci sostiene. Ma dobbiamo essere noi i primi e le prime a crederci altrimenti chi crederà in noi e nei nostri sogni?

    Nel favoloso libro La prima radice Simone Weil parla di bisogni irrinunciabili per ogni uomo e ogni donna tra cui la bellezza proponendo gite aziendali. Ecco io sono più a favore di politiche del genere che di un reddito di cittadinanza che si configura come “dare dei soldi” e basta, non investendo sul benessere psicofisico delle persone e della società in generale. 

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  • A proposito di rivoluzione

    Sempre più spesso mi chiedono quanto servano le condivisioni su facebook. 
    Tanto clamore per delle notizie poi in qualche giorno anche gli ultimi echi si spengono. 
    A volte la condivisione è più per sentirsi dalla parte *giusta* che per ragionare davvero su un avvenimento. 
    E comunque da molte condivisioni nascono liti che diventano diffamazioni che possono poi avere degli strascichi legali. 

    Nello stesso tempo, tuttavia, condividere delle azioni e delle notizie diventa anche un modo per sostenerle. 
    Creare una cassa di risonanza permette di farle girare e portare queste notizie a chi non ne sa nulla. E magari in cuor suo vuole sapere. Diventiamo un canale, una testimone. 

    E allora mi sembra il minimo condividere l’evento di una mia cara amica che ha deciso di far diventare la presentazione del libro di Heide Goettner Abendorth, Le società matriarcali un seminario, un luogo di discussione, di trasmissione e di elaborazione di pensiero e conoscenza di altri modi di vivere. Più egualitari. Più liberi. 

    Questo il testo dell’invito al seminario che si terrà il 15 ottobre 




    La filosofa tedesca Heide Goettner Abendroth, ha ri-pensato e ri-definito le società matriarcali dimostrando come esse siano società in equilibrio,  politicamente orientate all’uguaglianza e alla pace. La studiosa nella sua trentennale ricerca ha messo fine al pregiudizio ideologico che per secoli ha marchiato i matriarcati come i luoghi, immaginari e non, in cui “comandano” le donne.imbrigliati 
    In questo seminario verranno discussi i principi filosofici sui quali si fondano le società di pace matriarcali, analizzando quelle tuttora esistenti  e quelle del passato. I Moderni Studi Matriarcali offrono a donne e uomini spunti di riflessione e di ricerca per una nuova etica e una nuova politica, fondate su una visione olistica e mutuale dell’esistenza.
    L’incontro vuole essere anche un’occasione di confronto e  dibattito.
    Il seminario prevede una durata di 4 ore, dalle h. 18.00 alle h.22.00, con mezz’ora di pausa per un breve spuntino. All’insegna della convivialità chiediamo di portare cibo e bevande da condividere, piatto, posate e bicchiere da casa, per evitare l’uso della plastica.
    Per chi viene da fuori, è possibile alloggiare presso il residence di Villa 5, situato sopra la sala del seminario. Info e contatti per la sistemazione: Susanna 348 2803467
    Per raggiungere Villa 5, visitare il sito www.villa5.it. Con la metro, scendere a Fermi e proseguire a piedi in direzione del parco. Ampio parcheggio per auto.
    Per partecipare è richiesta la prenotazione e un contributo di  25 euro per socie e soci/ 35  euro per chi non è in possesso della tessera associativa.
    INFO E PRENOTAZIONI
    http://www.associazionelaima.it/
     MAIL  info@associaizonelaima.it
    tel. 340 62 20 363

    Partecipate perché:
    matriarcato non è contrario di patriarcato
    uomini e donne non sono imbrigliati in una lotta tra i sessi
    uomini e donne hanno desiderio di vivere in una società che non li opprime con costruzioni culturali e stereotipi
    potremo conoscere società che vivono ora e vicino a noi in un modo più egualitario
    avremo conoscenza di strumenti che ci permettano di cambiare la nostra società
    e tanto altro … 
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