• Farsi del bene (no, non è un’altra stupida lezione di life coaching)

    In questi mesi è maturata in me una decisione profonda e importante.
    I viaggi e i soggiorni a Parigi e negli Stati Uniti mi hanno permesso di mettermi alla prova e vedere alcuni dei miei limiti.
    Succede un po’ così: fai delle esperienze e prendi coscienza di ciò che sei.
    Continui a fare le stesse esperienze ed entri nell’abitudine.
    Fai esperienze diverse: emergono lati diversi di te.

    E poi – magari – ti fai delle domande.
    E poi – magari magari – ti dai delle risposte.
    O ne tenti qualcuna attraverso la messa in pratica di decisioni che non sempre sono prese basandosi sul proprio istinto. Ma cercano di essere meditate, calibrate, rafforzate dallo scambio con altre persone.

    Quando ti accorgi che c’è un mondo là fuori, pieno di opportunità e di prove, decidi di andare e vai.
    Puoi anche stare nello stesso posto ma qualcosa in te è cambiato e in base a questi cambiamenti fai delle scelte.

    Semplice, chiaro, limpido.

    Ma la verità, la propria verità, non è sempre così ben accettata.
    E allora si passa attraverso la prova degli insulti, delle provocazioni e delle calunnie.
    Ma va bene. Si va avanti.
    Ogni persona ha la propria verità. Ogni persona sa che cosa è meglio per lei.
    E può sopportare tutto per arrivare alla propria autenticità.

    C’è chi decide di vivere di illusioni.
    C’è chi non ha la forza di pensarsi autonoma e allora si aggrappa a titoli e affiliazioni.
    Ma c’è anche chi decide di vivere in un modo diverso e di tracciare altre vie.

    Ogni generazione – io sento – ha bisogno di porsi domande sul mondo che gli è stato donato da quelle precedenti e di avere una visione critica. Proseguire sulla stessa strada, modificare il percorso, tornare indietro, fermarsi un attimo, deviare. Chissà. Abbiamo tutti un’opzione. E dobbiamo provare a realizzarla. E quello che sto cercando di fare io. Ed è ciò che auguro a tutte le persone che hanno un talento da esprimere e condividere. Nonostante la paura di buona parte del mondo che conosciamo.

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  • Il discreto fascino dell’ipocrisia politica

    C’è qualcos’altro da aggiungere?
    Questa è la risposta da dare a chi continua – per voti e per la propria carriera – a infangare persone che hanno il desiderio di una vita migliore.
    Chi può negare alle persone che hanno meno di noi (meno libertà, meno diritti, meno istruzione, meno diritti, meno possibilità) di provare a realizzare i propri desideri?

    Quando ci facciamo prendere la testa e le mani da provocazioni, ricordiamoci qual è la triste verità!  

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  • Quanti soldi bastano a lavare una coscienza?

    Oggi ho letto questo articolo, dal titolo inquietante: “Vi racconto come ho fatto soldi a palate spacciando bufale razziste sul web”. Ossia la confessione di un semi-pentito ventenne siciliano che lascia da parte le proprie aspirazioni giornalistiche per dedicarsi a creare bufale razziste, perché, si sa, il razzismo va di moda e quindi … soldi a palate.

    Ciò che mi ha colpito di questo articolo è la sensazione di superiorità che emerge dalle risposte del ragazzo. Non un minimo di pentimento e di autocritica rispetto a ciò che ha fatto perché:

    – lo fanno i politici (e a loro portano voti quindi soldi)
    – basta leggere le notizie con un po’ di attenzione per capire che si tratta di bufale (la colpa quindi è dell’ignoranza dei lettori)
    – la disoccupazione giustificava il fatto di creare notizie false sugli immigrati e fomentare l’odio sociale

    Certo i social network agevolano la leggerezza nel condividere ciò che ci fa indignare. E l’indignazione a volte viene spenta attraverso la condivisione più che nel fare effettivamente qualcosa, ma è importante che ogni persona in prima persona abbia consapevolezza di cosa sta facendo.

    Davvero i soldi sono in grado di lavare una coscienza? E quale è la cifra adeguata?

    Un passaggio che mi ha colpito molto nell’articolo è stato questo: *Gli algoritmi dell’advertising sul web non sono programmati per riconoscere le categorie del bene e del male*. Vero! Verissimo!!!
    E’ per questo che non possiamo affidarci totalmente alle macchine. 
    Abbiamo il libero arbitrio. Facciamolo agire. 
    E questi fatti cesseranno di essere vissuti come un percorso positivo/alternativo. E la cui gravità di comportamento viene mascherata dalla disoccupazione. 


    Ci manca solo che ora parta una corsa all’invito in tv a raccontare la propria storia secondo un percorso mediatico che già conosciamo e che ci basta e avanza. 


    Creiamo modelli positivi. Contaminiamo l’immaginario con storie di fratellanza e sorellanza. 



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  • Attendere

    Aspettare si sa non piace a nessuno. 


    Può darsi che in questa epoca di simultaneità dover attendere sia un’imposizione percepita come vuoto da riempire. 


    Molto spesso quando viaggio porto con me un libro. Per lavoro leggo quindi è logico per me avere sempre un libro in borsa. E poi mi piace girare i fogli, prendere appunti, quindi la carta vince ancora sulla tecnologia. 


    A molte persone non sfiora neppure l’idea di portare un libro con sé. Eppure la lettura è uno dei modi per accedere alla cultura e per aiutarci a migliorare. 


    Così quando oggi ho letto questa notizia mi è piaciuta tantissimo e ho deciso di condividerla. Il sindaco di Grenoble ha deciso di riempire le pensile dei bus con dei distributori di racconti automatici e gratuiti lunghi tanto quanto il tempo d’attesa.  


    E’ un’idea meravigliosa, una buona pratica che potrebbe essere copiata e adattata in base alle varie esigenze. A volte basta così poco per migliorare la nostra vita. E sicuramente la lettura è una di queste! 


    Io spero davvero che qualche amministrazione pubblica prenda spunto da questa notizia e che ci siano distributori di racconti ovunque!   


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  • Cercare un lavoro *femminista*

    In questi giorni io e il mio moroso (uso questa parola consapevolmente perché ragazzo a 37 anni non è sostenibile e compagno è un termine troppo connotato politicamente) abbiamo deciso di convivere. Tutto perfetto se non fosse che abbiamo una casa e un lavoro a 450 km di distanza.
    Uno dei due si dovrà spostare. E ha deciso di farlo lui anche per sperimentare la vita di città.
    Rimane sicura la casa bisogna trovare un lavoro. Io del mio, da ricercatrice, ho esplorato in questi anni le contraddizioni e le onde che ti portano ad avere borse di studio con cui ti puoi pagare vitto e alloggio a Parigi e periodi in cui pare che non stai facendo niente perché non hai un’entrata fissa.

    L’entrata fissa, tuttavia, fa parte della maggior parte delle mentalità e senza un processo di decostruzione attivo e guidato può risultare bersaglio facile in un attacco da parte di chi avrà anche un’entrata fissa ma ha un animo arido e una paura folle del cambiamento.

    Così stiamo cercando lavoro per lui. Ed è un percorso di illuminazione su come stiamo nel mondo, su come il sistema capitalistico ci vuole. E su come noi rispondiamo a questa domanda.

    Ieri ho letto un articolo interessante di Silvia Federici a proposito dell’economia femminista.
    Questo articolo parla dei principi di una visione femminista dell’economia.
    Principi molto diversi rispetto a quelli delle Commissioni Pari Opportunità istituzionali che troppo spesso sono Commissioni di Pari Opportunismo in cui si pensa di spartirsi la fetta di torta del potere e non a eliminare l’oppressione maschilista che da millenni tenta di impedire altri modi di pensare e che è strettamente legata al sistema liberista e capitalista.

    Alcuni stralci possono invogliare alla lettura e al pensiero. Che poi diventa pratica e cambiamento:

    Se hai una vita ricca dal punto di vista emotivo, con buone relazioni sociali, non ti perdi per una camicia. Il potere magico delle cose, è un potere che si può sviluppare solo su un deserto emotivo, un deserto sociale.

    Dal Movimento Femminista Internazionale lanciamo la campagna Salario per il Lavoro Domestico perché interpretiamo il salario come una macchina che provoca disuguaglianza. In primo luogo, il divario salariale ha permesso l’invisibilità del lavoro domestico, che ha provocato una serie di sfruttamento del lavoro. In secondo luogo, l’ha naturalizzato perché l’ha mitizzato e ha creato gerarchie tra “retribuito” e “non retribuito”. Attraverso queste gerarchie si è prodotto un controllo indiretto delle persone “senza salario”. Da qui, i /le salariat* diventano datori di lavoro, controllori e supervisori del lavoro non retribuito. La gerarchia non è mai neutra: è il principio dello sfruttamento.   


    Trovo giusto integrare nella ricerca del lavoro per lui questi principi. Perché le nostre azioni individuali hanno un peso nel mondo e contribuiscono a dare o a togliere forza a un sistema!

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  • Contraddizioni e paradossi

    Oggi è una giornata in cui sono arrivate varie illuminazioni.
    Sembra che questo esilio parigino che mi fa tanto femminista radical chic mi doni continua lucidità.

    A volte mi sembra che su facebook si possano condividere solo foto di bambini, matrimoni, gatti e che i discorsi sociali siano limitati alle cerchie di intellettuali – da cui io da sempre rifuggo.

    Non capisco perché sia così difficile andare oltre l’invettiva e la polemica, che tanto non cambiano le cose. Pare non ci possa essere ragionamento, ma è comunque un luogo virtuale in cui la maggior parte delle persone passa molto tempo. Eppure ci si dibatte tra promozione dei propri libri, spettacoli, corpi etc etc … e condivisione di notizie manco fossimo giornalisti dell’ansa.

    Oggi ho pensato a molte contraddizioni e tanti paradossi che invadono la mia vita e le persone che mi circondano. E’ un discorso annoso ma che bisognerà pur ritirare fuori se si vuole davvero cambiare questa società mica tanto civile (prima di guardare oltre frontiera).

    “è e rimane scandaloso che persone che svolgono attività necessarie e fondamentali per l’umana convivenza siano sistematicamente tenute in stato di dipendenza economica, per esempio da quanti commercializzano beni totalmente superflui o vendono stupidissimi talk show o svolgono in qualche ufficio compiti amministrativi perfettamente inutili * [Ina Praetorius, Penelope a Davos]

    Nella foto donne meravigliose reclamano la pensione per le casalinghe. ADORO la loro BALDANZA!

    E penso proprio che la condivisione di questa baldanza possa generare energia positiva contro i soprusi!

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  • Ispiriamoci dagli alberi

    Uno degli aspetti che mi piace di più di Facebook è la possibilità di leggere notizie che ispirino la mia fantasia.
    Certo potremmo trovarla in rete, ma a volte ci si perde in quella quantità enorme di notizie e quando il lavoro di ricerca è condiviso dalla comunità di amici – reali e virtuali – che frequentiamo ci si può imbattere in notizie che mai avremmo trovato.

    Ecco qui allora la notizia che a Berlino hanno trasformato degli alberi in luoghi da bookcrossing

    Mi ha colpito molto la semplicità e insieme l’efficacia di questa idea.
    Come a dire possiamo replicarla ovunque.

    Voglio aggiungere che un altro gesto bellissimo sarà la possibilità di abbracciare gli alberi che custodiscono i libri perché gli alberi sono fonte di energia pulitissima e a costo zero.

    C’è tutto un significato simbolico dell’abbraccio a un determinato albero

    Il significato degli alberi secondo i Celti

    Betulla: simbolo di rinascita, purificazione, conoscenza e purezza.
    Ontano: simbolo di protezione spirituale e potere oracolare.
    Salice: richiama gli aspetti lunari e femminili della vita e dell’ispirazione poetica.
    Frassino: simbolo iniziazione e rinascita.
    Biancospino: simbolo di purezza, viaggi interiori e intuizione.
    Quercia: simbolo di potere, energia e sopravvivenza.
    Nocciolo: invita alla meditazione, incoraggia saggezza interiore, intuizione, potere di divinazione.
    Melo: d’aiuto quando si deve prendere una decisione importante.
    Pruno selvatico: utile in caso di azioni forti, di influenze esterne a cui è necessario obbedire.
    Sambuco: simbolo di vita e rigenerazione.

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  • Bambole e soldatini

    Ieri un mio amico di facebook ha condiviso questa filastrocca di Gianni Rodari

    Semplice.
    Dovrebbe essere altrettanto efficace.

    Mi stupisco sempre quando nel periodo natalizio si fanno una serie di articoli sui giocattoli “di genere”.
    Perché alle bambine si regalano bambolotti che le educano a fare le madri?
    Perché alle bambine si regalano cucine che le educano a fare le casalinghe?
    Perché alle bambine si regalano Barbie e altre bambole che impongono loro un modello di bellezza?

    Tutto condivisibile, perché imporre a qualcuno un modello è oppressione.

    Ma con i bambini a cui si regalano caterve di soldatini come la mettiamo?
    Non pensiamo davvero che le guerre fatte per gioco creino in loro un’attitudine alla guerra (reale o simbolica) una volta diventati adulti?

    E allora la soluzione sarebbe che anche le bimbe giocassero ai soldatini, correndo il rischio di diventare virili, ma comunque contribuendo al sostegno di questa visione coloniale della vita?

    Domina o sarai dominato?

    A mio avviso vedo molte più implicazioni negative nell’educare alla guerra piuttosto che alla maternità.

    Come ci ricorda Hannah Arendt “libertà non significa rendersi massimamente indipendente da tutto e da tutti, bensì che le creature possano partecipare al gioco del mondo con nuove pratiche, poiché con la loro nascita si è dato inizio a qualcosa si nuovo”.

    Forse la percezione di sé a partire dalla nascita, con una valorizzazione simbolica e reale della maternità e del nascere in relazione, potrebbe indurci a uno scambio incentrato sulla natività e sulla vitalità che ci accomuna.

    Uno scambio capace di esaltare ciò che ci unisce e non quello che separa e che appunto perché separa è in grado di attivare guerre e relative giustificazioni.

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  • Charlie Hebdo (tanto ne parlano tutti)

    Bene
    E’ arrivato il momento che anche io scriva qualcosa rispetto a ciò che è avvenuto a Parigi il 7 gennaio.
    Visto che sono proprio qui a Parigi.
    Visto che ci ho pensato molto.
    Visto che ne parlano tutti e allora perché sottrarsi?

    Non farò il riassunto di ciò che è successo, né tantomeno voglio schierarmi pro o contro illuminando chi legge con tesi complottistiche etc etc…
    Sono una studiosa e quindi voglio condividere delle letture che possono dare una mano ad acquisire consapevolezza degli interessi in gioco e a ragionare prima di schierarsi senza se e senza ma contro un nemico che può essere anche simbolicamente inventato.

    Molto spesso la realtà è più complessa di ciò che vorremmo.
    Ci sono interessi di potere in gioco, ma c’è anche la nostra vita. Difendiamola aumentando il sapere e forse saremo in grado di non rifare gli errori di un passato che non è poi così lontano (per noi italiani e per noi europei).

    Primo consiglio di lettura: Hannah Arendt, Le origini del totalitarismo e aggiungo questo video che mi è piaciuto molto per la chiarezza con cui viene spiegato il pensiero di Hannah

    E una breve citazione che può invogliare alla lettura Nulla è caratteristico dei movimenti totalitari in genere, e della qualità della fama dei loro capi in specie, come la sorprendente rapidità con cui questi sono dimenticati e la sorprendente disinvoltura con cui sono sostituiti 


    Il secondo consiglio è il libro di Eric Hobsbawm e Terence Ranger, L’invenzione della tradizione con anche qui una breve citazione-riassunto Le tradizioni che ci appaiono, o si pretendono antiche, hanno spesso un’origine piuttosto recente, e talvolta sono inventate di sana pianta. […] In genere le nazioni moderne, con tutto il loro armamentario (simboli nazionali, nazionalismo, storie nazionali, stato nazionale…) pretendono di essere l’opposto della novità, si dichiarano radicate nell’antichità più remota, non richiedono altro che l’autoaffermazione


    L’unico consiglio che mi sento di dare per poter creare una società più egualitaria che tenga conto delle differenze culturali, linguistiche, di usi e costumi, … è quello di scrollarci di dosso l’etnocentrismo e la superbia di essere chi porta la democrazia nel mondo perché l’ha inventata …

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  • nude e zitte

    Oggi ho visto un video incredibile!
    In Inghilterra hanno fatto un esperimento molto interessante: per sei mesi hanno ritagliato tutte le figure – maschili e femminili – presenti sul Sun, il famoso giornale sportivo.

    Risultati: di donne sportive non ne esiste neanche una (stando alle immagini)
    Le donne sono tutte in posa, gli uomini ritratti mentre vivono
    Le donne molto spesso sono nude, gli uomini no

    Mi chiedo, cosa succederebbe, a fare un esperimento simile in Italia
    Anzi qualcuno lo dovrebbe fare per capire, fatti alla mano, quali sono i messaggi che veicolano i nostri giornali.

    Perché l’immagine controlla i nostri pensieri.
    E il nostro immaginario stimola atteggiamenti e comportamenti.
    E giudizi.
    E noi viviamo *anche* in funzione di questi giudizi.

    Chi vuole *ancora* le donne nude e zitte?
    Chi vuole *ancora* le donne soprammobili e statuine?

    Ribelliamoci, noi diamo la vita. Noi siamo vita!

     

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