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Bambole e soldatini

Ieri un mio amico di facebook ha condiviso questa filastrocca di Gianni Rodari

Semplice.
Dovrebbe essere altrettanto efficace.

Mi stupisco sempre quando nel periodo natalizio si fanno una serie di articoli sui giocattoli “di genere”.
Perché alle bambine si regalano bambolotti che le educano a fare le madri?
Perché alle bambine si regalano cucine che le educano a fare le casalinghe?
Perché alle bambine si regalano Barbie e altre bambole che impongono loro un modello di bellezza?

Tutto condivisibile, perché imporre a qualcuno un modello è oppressione.

Ma con i bambini a cui si regalano caterve di soldatini come la mettiamo?
Non pensiamo davvero che le guerre fatte per gioco creino in loro un’attitudine alla guerra (reale o simbolica) una volta diventati adulti?

E allora la soluzione sarebbe che anche le bimbe giocassero ai soldatini, correndo il rischio di diventare virili, ma comunque contribuendo al sostegno di questa visione coloniale della vita?

Domina o sarai dominato?

A mio avviso vedo molte più implicazioni negative nell’educare alla guerra piuttosto che alla maternità.

Come ci ricorda Hannah Arendt “libertà non significa rendersi massimamente indipendente da tutto e da tutti, bensì che le creature possano partecipare al gioco del mondo con nuove pratiche, poiché con la loro nascita si è dato inizio a qualcosa si nuovo”.

Forse la percezione di sé a partire dalla nascita, con una valorizzazione simbolica e reale della maternità e del nascere in relazione, potrebbe indurci a uno scambio incentrato sulla natività e sulla vitalità che ci accomuna.

Uno scambio capace di esaltare ciò che ci unisce e non quello che separa e che appunto perché separa è in grado di attivare guerre e relative giustificazioni.

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